Durante il periodo della pandemia, la legge n. 178/2020 ha previsto la possibilità di utilizzare i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel corso del 2020 per finanziare nell'anno 2021, nell'ambito della contrattazione integrativa e previa certificazione del competente organo di controllo, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro.
Ora si chiede di chiarire a quale trattamento fiscale assoggettare il contributo una tantum erogato; in particolare, un ente fa presente che erogherà il bonus in misura fissa ed uguale per tutti i dipendenti a prescindere dalla qualifica e dal livello professionale.
Come ricordato più volte, nella risposta n. 377 del 14 luglio 2022, per il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, concorrono alla determinazione di tal reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce, a qualunque titolo, in relazione al rapporto di lavoro, disponendo però delle deroghe.
Circa la natura di tale contributo, è accertato che, pur derivando dal risparmio dei buoni pasto non erogati nel 2020, ha perso tale connotazione e quindi non può applicarsi la regola per la quale non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, “le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all'importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica”, tra cui i buoni pasto.
Di conseguenza, il contributo una tantum erogato dall’ente concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell'articolo 51, comma 1, del Tuir.
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