La Corte di Cassazione nell'ordinanza del 14 luglio 2020, n. 14967, torna nuovamente a pronunciarsi sulla specificità della contestazione disciplinare, respingendo il ricorso presentato dal datore di lavoro, già condannato in Appello alla reintegra del lavoratore ed al pagamento di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dalla data di cessazione del rapporto di lavoro sino a quella della effettiva reintegrazione e dei relativi oneri previdenziali ed assistenziali.
La Corte capitolina censurava l'impugnata sentenza del giudice di prime cure per non aver ritenuto la genericità della contestazione disciplinare. Nella fattispecie, l'accusa mossa nei confronti del lavoratore, integrante un parallelo procedimento penale, verteva sull'appropriazione indebita per somme riscosse da clienti per cui il Tribunale aveva assolto l'imputato per insussistenza del fatto ascrittogli.
Invero, l'assoluta mancanza di riferimenti idonei a contestualizzare e individuare le condotte illecite, per assenza dell'indicazione delle singole operazioni contestate ovvero per non aver riportato alcun elemento di fatto, neanche come riferimento temporale, non rendono possibile alcuna difesa, se non nei limiti della sua negazione generica.
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