La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 92, secondo comma, del Codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
I giudizi di legittimità costituzionale esaminati erano stati promossi dal Tribunale di Torino e dal Tribunale di Reggio Emilia rispetto al testo dell’articolo 92 citato, per come novellato dall’articolo 13, comma 1, del convertito Decreto legge n. 132/2014, introduttivo di misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile.
La disposizione in esame è quella che prevede che l’organo giudicante, se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti, può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero.
In particolare, i dubbi di legittimità costituzionale riguardavano la mancata previsione, in caso di soccombenza totale, del potere del giudice di compensare le spese di lite tra le parti anche in casi ulteriori rispetto a quelli ivi previsti.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 77 del 19 aprile 2018, ha giudicato fondate, nel merito, le questioni sollevate congiuntamente dai due Tribunali, considerandole in larga parte sovrapponibili.
In primo luogo, la Consulta si è soffermata sul recente sviluppo normativo della disposizione, che ha portato ad una formulazione in cui il legislatore ha voluto far riferimento a due ipotesi tassative, oltre quella della soccombenza reciproca.
Per la Corte, la rigidità di queste due sole ipotesi tassative, ha lasciato fuori altre analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa, violando il principio di ragionevolezza e di eguaglianza.
Si tratta, ossia, di analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata.
Inoltre – si legge in sentenza - la rigidità di tale tassatività si pone anche in violazione del canone del giusto processo di cui all’articolo 111, primo comma, e del diritto alla tutela giurisdizionale ex articolo 24, primo comma, della Costituzione.
Infatti, “la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti”.
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