Il diritto di accesso dei consiglieri regionali – che hanno diritto ad ottenere direttamente dagli uffici regionali o dagli enti dipendenti informazioni o documenti utili all’esercizio del loro mandato, alla stregua di quanto previsto ex art. 43 comma 2 D.Lgs. n. 267/2000 per i consiglieri comunali e provinciali - non può estendersi anche alle società partecipate (dal Comune) in forma minoritaria, tanto più quando tali società non svolgano attività di gestione di servizi pubblici.
A stabilirlo, il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respingendo le ragioni di un consigliere regionale, che si era visto negare l’accesso alla copia integrale del verbale della seduta del Cda di una società a partecipazione mista pubblica. Aveva pertanto invocato, in sede giurisdizionale, la violazione dell’art. 23 Legge n. 241/1990, dell’art. 13 D.Lgs. n. 33/2013, nonché dello stesso Statuto regionale, con censura tuttavia respinta in detta sede.
Il Collegio amministrativo ha difatti precisato – con sentenza n. 5176 del 9 novembre 2017– che la suindicata norma (art. 43 TU Enti locali) espressamente prevede il diritto di accesso in relazione alle attività delle aziende comunali e dei dipendenti. Situazione tuttavia non predicabile nel caso di specie, giacché la società del cui verbale si chiede l’ostensione non può ritenersi “dipendente” dalla Regione, dal momento che quest’ultima non possiede una partecipazione maggioritaria e non svolge un servizio pubblico. Così, in definitiva, l’accesso richiesto non può trovare giustificazione in relazione alla pretesa cura dell’interesse pubblico connesso al mandato conferito e cioè ai fini del controllo del comportamento complessivo dell’ente.
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