Il 12 novembre 2024 è stato presentato il IX Rapporto Confprofessioni sulle libere professioni in Italia, che evidenzia segnali di ripresa nel settore, con un aumento di professionisti, dipendenti e redditi.
Tuttavia, persiste il calo dell’occupazione giovanile, che rappresenta una delle principali criticità del comparto.
Dopo la crisi pandemica, che ha causato una notevole riduzione dei liberi professionisti di circa 75 mila unità, nel 2023 si è registrata una crescita di circa 10 mila unità, innalzando il numero complessivo di liberi professionisti a quota 1,36 milioni (5,8% della forza lavoro) e al 27% del lavoro indipendente in Italia.
Il recupero è in gran parte guidato dai datori di lavoro liberi professionisti, che, dopo pesanti perdite, registrano un incremento di circa 20.000 unità nell’ultimo biennio.
In particolare, si osserva un significativo aumento della presenza femminile, soprattutto nelle regioni del Sud, con un incremento di 133.000 donne dal 2010, mentre il numero di uomini è salito di circa 40 mila unità nello stesso periodo, segnale di un maggiore equilibrio di genere nella libera professione.
L’espansione del mercato del lavoro si riflette anche sugli studi professionali, che nel 2023 hanno creato oltre 62.000 nuovi posti di lavoro, grazie all’aumento dei contratti a tempo indeterminato.
La ripresa del settore è inoltre confermata da un aumento dei redditi tra tutti i gruppi professionali, con una maggiore crescita per geometri (+62%), medici e odontoiatri (+53,6%), ingegneri (+53%) e architetti (+52,7%).
Nonostante le dinamiche occupazionali positive, il settore delle libere professioni continua a confrontarsi con criticità che ne frenano lo sviluppo. La diminuzione dei giovani professionisti (-13,8%) è uno dei segnali più preoccupanti, attribuibile sia all’inverno demografico che alla crescente competitività del lavoro dipendente. L’invecchiamento della popolazione contribuisce a questo fenomeno, difatti l’età media dei professionisti è passata dai 45,5 anni del 2013 ai 48,2 anni del 2023, con un incremento particolarmente notevole degli over 55 (+6,1% tra il 2019 e il 2023).
Il settore delle libere professioni si trova quindi in una competizione diretta con il lavoro subordinato, che ha superato i livelli occupazionali pre-pandemici di circa 700.000 unità entro il 2023. Questo appeal delle imprese coinvolge sempre più giovani e alcuni lavoratori indipendenti, che scelgono di passare dalla libera professione al lavoro subordinato.
A livello europeo, il numero di liberi professionisti è cresciuto del 7,3% dal 2019, confermando l'importanza delle libere professioni come pilastro dell'economia della conoscenza, in particolare in Italia, che si colloca ai vertici per densità di professionisti, davanti a Germania, Francia e Spagna.
Parallelamente all’incremento dei datori di lavoro professionisti (+8 mila unità nel 2023), aumenta la domanda di lavoro all’interno degli studi professionali. Rispetto ai saldi occupazionali del 2019, lo scorso anno il numero di dipendenti ha superato quota 62 mila, spinto dai contratti a tempo indeterminato e dalla stabilizzazione dei contratti a termine, che passano dai 318 mila del 2014 ai 537 mila dell’ultimo anno. Inoltre, i contratti di apprendistato sono raddoppiati dal 2014 al 2024.
Il decennio 2012-2022 ha visto una trasformazione delle dimensioni aziendali, con una crescita del 17,2% delle grandi imprese con oltre 100 dipendenti, a fronte di un calo delle piccole imprese. A sostenere la crescita dimensionale degli studi sono in particolare le professioni della sanità e dell’assistenza sociale, dove il numero di imprese con dipendenti è aumentato di oltre il 13% nel decennio 2012 – 2022.
La quota di donne professioniste è passata dal 29,2% del 2010 al 35,3% del 2023, con una crescita significativa nel Sud Italia. La sanità è il settore con la maggiore presenza femminile (51,9%), mentre nell’area legale si registra una quasi parità di genere, le donne rappresentano infatti il 43,1% del totale.
Si nota una riduzione della presenza giovanile nelle professioni autonome, dovuta al calo demografico, al limitato appeal delle professioni tra i neolaureati e alla concorrenza del lavoro dipendente. Questi fattori hanno portato, tra il 2019 e il 2023, a una diminuzione del 13% della fascia di età 15-34 anni che si estende anche alla fascia 35-54 anni, che nello stesso periodo cala dell’8%. Inoltre, l'Italia rimane tra i Paesi europei con il tasso più basso di laureati, anche a causa della scarsità di percorsi universitari brevi.
Il gap tra Nord e Sud è ancora marcato in termini di occupazione e reddito. Mentre il PIL pro capite al Sud è di circa 19.500 euro, oltre 10 mila euro sotto la media nazionale e ben distante dai livelli del Nord Est e Nord Ovest, il Mezzogiorno ha mostrato segnali positivi tra il secondo trimestre del 2019 e il secondo trimestre del 2024, con un aumento dell’occupazione, una riduzione della disoccupazione e un calo del tasso di inattività, contribuendo a ridurre parzialmente il divario con il Centro-Nord.
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