Con sentenza n. 13506 depositata il 1 luglio 2015, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha parzialmente accolto il ricorso di un padre, avverso la pronuncia con cui la Corte d'Appello, a seguito della separazione con la moglie, aveva disposto l'affido condiviso del figlio, con collocazione e domiciliazione prevalente presso lo stesso padre.
Quest'ultimo in particolare, impugnava la statuizione che lo obbligava a contattare preventivamente la moglie per verificarne la disponibilità ad occuparsi del figlio, nel casso egli fosse impegnato nell'attività lavorativa, senza che potesse– in tali ipotesi- tenerlo con sé, anche se coadiuvato dalla nonna o dalla baby sitter.
L'uomo lamentava inoltre la illegittimità della statuizione con cui i giudici dell' appello obbligavano sia lui che la moglie a sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale.
La Cassazione, con la presente pronuncia, ha innanzitutto dichiarato inammissibile il primo motivo di censura, poichè investe una disposizione non decisoria né definitiva e, come tale, non ricorribile in Cassazione (bensì, eventualmente sottoponibile al riesame del giudice competente).
Trattasi in ogni caso – ha tuttavia precisato la Suprema Corte- di una disposizione non illegittima né lesiva dell'art. 155 c.c., in quanto si pone comunque nell'esclusivo interesse del figlio. Con essa infatti, si va a richiedere ai genitori una maggiore collaborazione, volta a superare la loro persistente conflittualità, al solo fine di garantire al minore la possibilità di crescere sano con un rapporto sereno e costante sia con la madre che con il padre.
Accolto invece il secondo motivo di doglianza, poiché – a detta della Cassazione – la prescrizione, per entrambi i coniugi, di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico a sostegno della genitorialità, risulta lesiva del diritto costituzionalmente garantito alla libertà personale ed è altresì contraria alla disposizione per cui è vietata, se non nei casi previsti dalla legge, l'imposizione di trattamenti sanitari.
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