Condannato lo Stato, se l'omicidio era altamente prevedibile

Pubblicato il 27 giugno 2015

Con sentenza n. 13189 depositata il 26 giugno 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione civile, ha respinto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, avverso la condanna dello Stato Italiano al risarcimento dei danni conseguenti all'uccisione di una donna da parte di un suo ex compagno.Detta condanna, per la mancata adozione, da parte del Procuratore della Repubblica, di qualsiasi provvedimento cautelare che avrebbe potuto impedire la commissione dell'omicidio, altamente prevedibile a causa delle frequenti minacce che l'omicida rivolgeva alla vittima.

Nel respingere le censure di parte ricorrente, la Cassazione ha fatto proprio il ragionamento della Corte territoriale, secondo cui, sulla base degli elementi segnalati dai Carabinieri al P.m., la pericolosità dell'omicida ben poteva e doveva sospettarsi, per cui gravemente negligente si è rivelata la condotta del magistrato che non ha adottato nessun tipo di provvedimento in proposito. Trattasi, questo, di un giudizio di fatto, sorretto tra l'altro – a detta della Suprema Corte – da una motivazione non illogica e non incongrua, dunque sottratto al sindacato di legittimità.

Né rileva che i giudici di merito, nel compiere detto accertamento, abbiano dovuto effettuare anche valutazioni di natura giuridica (in particolare, circa le norme che disciplinano gli atti delle indagini preliminari).

E' ormai consolidato infatti – ha proseguito la Cassazione – l'orientamento secondo cui la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito circa il probabile esito dell'azione giudiziale malamente intrapresa e proseguita, sebbene abbia contenuto tecnico – giuridico, costituisce comunque valutazione di fatto, censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dell'eventuale vizio di motivazione (nel caso di specie, appunto, non sussistente)

 

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