La sentenza penale di condanna pronunciata dopo l’entrata in vigore della legge che ha abrogato la norma incriminatrice può essere revocata dal giudice dell’esecuzione qualora l’evenienza di abolitio criminis non sia stata rilevata dall’organo che giudicava la cognizione.
E’ questo il principio di diritto espresso dalle Sezioni unite di Cassazione chiamate a rispondere ad un quesito di diritto sollevato dalla Prima sezione penale.
Nella vicenda esaminata, i giudici di quest’ultima sezione avevano rilevato che sia la condotta contestata all’imputato (permanenza illegale nel territorio dello Stato nonostante il provvedimento di espulsione, nei confronti di un extracomunitario colpevole di non aver esibito i documenti di identità e il permesso di soggiorno), sia la pronuncia di condanna erano successive alla Legge n. 94/2009 (disposizioni in materia di pubblica sicurezza) che aveva abrogato parzialmente la norma incriminatrice di riferimento.
Il giudice della cognizione, in detto contesto, si era limitato ad affermare la penale responsabilità per non aver ottemperato all’ordine di esibizione del documento, omettendo di prendere in considerazione la sopravvenuta disposizione modificativa della fattispecie.
Era stato quindi segnalato un contrasto interpretativo esistente in ordine agli effetti della abolitio criminis con riferimento alle sentenze divenute irrevocabili dopo la legge abrogativa.
Le Sezioni Unite penali, con sentenza n. 26259 del 23 giugno 2016, hanno quindi risolto il conflitto giurisprudenziale rilevato nei termini sopra riferiti.
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