Confermata la condanna per emissione di fatture per operazioni inesistenti, a carico del rappresentante di un’associazione sportiva, per cessione di un marchio in assenza di patto scritto, per un corrispettivo rilevante, determinato in modo del tutto arbitrario.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, respingendo le ragioni del rappresentante, secondo cui le fatture in questione avrebbero riguardato la reale e non fittizia cessione, da parte dell’associazione, dello sfruttamento del marchio sportivo.
Ostano tuttavia alla tesi difensiva – precisano gli ermellini – alcune considerazioni rilevate in sede di merito, quali ad esempio:
Tutti elementi – conclude la Corte con sentenza n. 28700 dell’11 luglio 2016 – che stanno a confermare la sussistenza del reato ascritto al ricorrente.
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