Cessione d’azienda in frode al Fisco: responsabilità solidale e illimitata

Pubblicato il 23 novembre 2020

La Corte di cassazione si è pronunciata sulle speciali misure antielusive a tutela dei crediti tributari ex art. 14 del D. Lgs. n. 472/1997, previste con riferimento alle operazioni di trasferimento d’azienda.

Cessione d'azienda in frode dei crediti tributari: responsabilità del cessionario

Nelle ipotesi di cessione d’azienda in frode al Fisco - ha precisato - vengono meno tutte le limitazioni alla responsabilità del cessionario, di tal ché quest’ultima è solidale ed illimitata.

E’ quanto espressamente sancito dall’art. 14, comma 4 del D. Lgs. n. 472/1997 la cui ratio legis è chiara: il consilium fraudis tra cedente e cessionario d’azienda è in danno all’Erario e si attua attraverso il trasferimento della proprietà dei beni aziendali del cedente riducendo in tal modo la garanzia patrimoniale del debitore a soddisfazione dei crediti tributari.

Venuti meno i limiti previsti nei precedenti commi 1, 2 e 3, dunque, la responsabilità solidale del cessionario di cui al comma 4 non potrà che essere illimitata e quindi riferita anche a debiti tributari inevasi dal soggetto cedente pure se anteriori il triennio del trasferimento di azienda ed anche se accertati soltanto in data successiva alla cessione.

Responsabilità solidale del cessionario, diversa estensione

Secondo quanto interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, la norma di cui all’art. 14 menzionato, accanto alla responsabilità del cedente per i tributi gravanti sull’azienda ceduta, pone la responsabilità solidale del cessionario d’azienda, modulandone diversamente l’estensione.

Questo, a seconda che si verta in ipotesi di cessione conforme alla legge (primi tre commi dell’art. 14 – responsabilità solidale, sussidiaria e limitata al cessionario) o di cessione in frode dei crediti tributari (quarto e quinto comma- responsabilità solidale ed illimitata del cessionario).

Avviso di accertamento va notificato al cedente 

In entrambe le due ipotesi - ha tuttavia sottolineato la Corte di legittimità - è escluso che al cessionario debba essere notificato l’avviso di accertamento diretto al cedente, in mancanza di un’espressa deroga al principio generale secondo cui l’avviso di accertamento è notificato al contribuente e non ad altri soggetti che, a vario titolo, possano essere tenuti al pagamento dell’imposta accertata.

I principi sono stati ribaditi dalla Suprema corte nel testo dell’ordinanza n. 26480 del 20 novembre 2020, pronunciata in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una decisione di merito nella quale era stato ritenuto che la cartella di pagamento notificata ad una società, parte cessionaria in un’operazione di cessione d’azienda, fosse nulla a causa della mancata notifica dei prodromici avvisi di accertamento, emessi nei confronti della Srl cedente.

Nel caso in esame, la CTR non si era attenuta ai principi di diritto sopra ricordati, finendo di attribuire al cessionario un diritto che non gli spetta, ossia quello di ricevere la notifica degli avvisi diretti al contribuente, parte cedente.

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