Con la Legge di Bilancio 2020 (articolo 1, comma 6, L. n. 160/2019), viene portata “a regime” la misura dell’aliquota della cedolare secca da applicare ai contratti di locazione a canone “concordato”. La norma, infatti, interviene “direttamente” sull’articolo 3, comma 2 del DLgs. n. 23/2011 al fine di rendere “permanente” l’aliquota ridotta del 10% (in mancanza, l’aliquota della cedolare per le locazioni concordate sarebbe tornata al 15%). Restano, tuttavia, dubbi sull’applicabilità di tale aliquota “ridotta” ai contratti di locazione in Comuni colpiti da eventi calamitosi, in quanto da un tortuoso giro normativo pare riscontrarsi una dimenticanza del Legislatore.
Giunta al capolinea, invece, la cedolare secca sulle locazioni di immobili commerciali, rimasta circoscritta ai soli contratti stipulati nel 2019.
Ancor prima di entrare nel merito delle disposizioni che sono state oggetti di intervento da parte della Legge di Bilancio 2020, si propone – di seguito – una breve disamina dei principali aspetti della cedolare secca.
La disciplina, introdotta nell’ambito dell’articolo 3 del Dlgs. n. 23/2011, si sostanzia in un regime “opzionale” di imposizione sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, “agganciato” - per lo più - alla locazione di immobili abitativi (anche, come vedremo, limitatamente ai contratti stipulati nel 2019, agli immobili commerciali classificati C/1 e con una superficie fino a 600 metri quadrati).
Si ricorda che, mentre l’aliquota “ordinaria” della cedolare è fissa al 21% dalla sua originaria formulazione, l’aliquota sulle locazioni abitative a canone “concordato” è stata oggetto, nel tempo, di diversi interventi (passando dall’originario 19% al 15%, per effetto dell’articolo 4, comma 1 del D.L. n. 102/2013; poi, al 10% per effetto dell’articolo 9 del D.L. n. 47/2014). Si rammenta, altresì, che:
Sul piano soggettivo, la facoltà di optare per il regime della cedolare secca è riservata al “locatore”, persona fisica, titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull'immobile (ad esempio, usufrutto), che non agisce nell'esercizio dell'attività d'impresa o di arti e professioni. Allo stesso modo - secondo la circolare n. 26/E/2011 - non possono optare per il regime della cedolare secca i soggetti che procedono alla locazione di immobili ad uso abitativo nell'esercizio dell'attività di impresa o di arti e professioni. Pertanto, esulano dal campo di applicazione della norma, secondo l’Amministrazione, i contratti di locazione conclusi con “conduttori” che agiscono nell'esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell'immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti (salvo quanto previsto per i locali commerciali). Tale indirizzo non è, tuttavia, condiviso dalla giurisprudenza di merito: in numero sentenze viene, infatti, ribadito che se il “locatore” è una persona fisica che non esercita attività imprenditoriale, sussistendo il requisito della destinazione dell'immobile ad uso abitativo, è possibile optare per la cedolare secca, non avendo alcuna rilevanza il fatto che il conduttore sia una società (ex multis C.T.P. Bari n. 825/1/19; C.T.R. Milano n. 754/19/17, C.T.P. Milano n. 3529/25/15).
L'opzione per la cedolare può essere esercitata (in presenza delle relative condizioni) anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, purché “sublocate” a studenti universitari e date a disposizione dei Comuni con rinuncia all'aggiornamento del canone di locazione o assegnazione (articolo 9, comma 2 del D.L. n. 47/2014).
Indicazioni dalla prassi |
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Abitativi locati posseduti “pro quota” (circolare n. 26/E/2011) |
Per gli immobili abitativi locati posseduti “pro quota”, l'opzione per la cedolare può essere esercitata “disgiuntamente” da ciascun titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento ed esplica effetti solo in capo ai locatori che l'hanno esercitata. Il regime della cedolare secca può, quindi, essere applicato anche in relazione ad una quota dell'immobile locato. |
Abitativi di proprietà condominiale (circolare n. 26/E/2011) |
Non è possibile esercitare l'opzione per i redditi derivanti dalla locazione di immobili abitativi di proprietà “condominiale” (ad es. i locali della portineria), tenuto conto del fatto che tali contratti sono usualmente stipulati e registrati dall'amministratore utilizzando il codice fiscale del condominio. |
Contratto rent to buy (circolare n. 4/E/2015) |
Per gli immobili cui è applicabile il contratto di rent to buy è possibile - limitatamente alla durata della locazione – l’assoggettamento alla cedolare, ove sussistano le condizioni richieste dalla norma. |
Il regime di tassazione sostitutiva - é precisato nella circolare n. 26/E/2011 - trova applicazione anche per le pertinenze locate “congiuntamente” all'immobile abitativo ovvero locate con “contratto separato e successivo” rispetto a quello relativo all'immobile abitativo, a condizione che:
a) il rapporto di locazione intercorra tra le medesime parti contrattuali;
b) nel contratto di locazione della “pertinenza” si faccia riferimento al contratto di locazione dell'immobile abitativo e sia evidenziata la sussistenza del vincolo pertinenziale con l'unità abitativa già locata.
Dalle disposizioni della norma, non emergono limitazioni al “numero” di pertinenze; pertanto, il regime opzionale può essere applicato anche in relazione a più pertinenze, sempreché sussista un effettivo rapporto di pertinenzialità con l'immobile abitativo locato e tale rapporto sia evidenziato nel contratto di locazione.
Si rammenta, infine, che - in presenza dei relativi presupposti - non osta all'esercizio dell'opzione da parte del locatore l'intervento di un'agenzia che operi come mero intermediario tra locatore e conduttore. Sul punto, nella risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-02262/2014 è stato precisato che:
Pertanto, perchè possa trovare applicazione il regime della cedolare secca è necessario, in ogni caso, che l'immobile ad uso abitativo sia locato dall'agenzia immobiliare per finalità abitative a soggetti che non esercitino attività di impresa o arti e professioni. Detti presupposti devono essere espressamente previsti nel contratto di mandato stipulato tra proprietario ed agenzia, quale vincolo per l'agenzia mandataria.
L’articolo 3, comma 2 del DLgs. n. 23/2011 prevede “espressamente” l’applicazione di una aliquota ridotta (nella misura del 10%) della cedolare secca per i contratti di locazione:
Si rammenta che con il D.M. 16.01.2017 sono stati ridefiniti i “criteri” per la stipula dei contratti di locazione a canone concordato, per quelli di natura “transitoria” nonché per i contratti di locazione di studenti universitari, aprendo gli stessi alla possibile stipula in tutti i Comuni italiani. Tuttavia, anche se detto D.M. ha modificato le condizioni per la stipula delle suddette tipologie contrattuali, l’applicazione dell’aliquota ridotta al 10% della cedolare resta “ancorata” ai contratti a canone concordato stipulati in Comuni ad alta tensione abitativa (articolo 5, comma 4 del citato D.M.). Ciò premesso, l’espresso richiamo della norma alle disposizioni di cui all’articolo 2 della L. n. 431/1998 permette di “estendere” l’aliquota ridotta anche ai contratti aventi durata minima di 3 anni, con rinnovo automatico di ulteriori 2 anni (contratti “3+2”, stipulati a norma dell'articolo 2 della L. n. 431/1998 e del DM 16.1.2017) nonché ai contratti di natura “transitoria” relativi alla soddisfazione delle esigenze abitative di studenti universitari (articolo 5, co. 2 e 3 della L. n. 431/1998). L’aliquota ridotta è applicabile anche ai contratti “transitori” (articolo 5, comma 1, della L. n. 431/1998) che hanno durata da un mese a 18 mesi e sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari o conduttori (mobilità lavorativa e studio, apprendistato e formazione professionale, aggiornamento e ricerca occupazionale) “a condizione che... si tratti di un contratto di locazione a canone concordato relativo ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative o in quelli ad alta tensione abitativa” (circolare n. 8/E/2017).
Contratti di locazione cui è applicabile l’aliquota del 10% |
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Contratto di locazione a canone concordato in Comuni ad alta tensione abitativa |
Art. 2 co. 3 della L. n. 431/98 |
Contratto di locazione transitorio per studenti in Comuni ad alta tensione abitativa |
Art. 5 co. 2 e 3 della L. n. 431/98 |
Contratto di locazione transitorio in Comuni ad alta tensione abitativa |
Art. 5 co. 1 della L. n. 431/98 |
Un aspetto da sottolineare riguarda l’attestazione di conformità per contratti “non assistiti”. Come noto, l’articolo 1, comma 8 del DM 16.01.2017 dispone che: "Le parti contrattuali, nella definizione del canone effettivo, possono essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. Gli accordi definiscono, per i contratti non assistiti, le modalità di attestazione, da eseguirsi, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti contrattuali a cura e con assunzione di responsabilità, da parte di almeno una organizzazione firmataria dell'accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all'accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali".
Con tale espressione, il D.M. ha inteso considerare “facoltativo” l'intervento delle associazioni sindacali nella stipula dei contratti a canone concordato. Allo stesso tempo, per i contratti “non assistiti”, il decreto definisce le modalità di attestazione del contratto, sia per quanto concerne il contenuto economico e normativo che per quanto concerne il profilo delle agevolazioni fiscali. Tuttavia, sul punto, non era chiaro se vi fosse obbligatorietà o meno dell’attestazione di conformità di tali contratti.
E’, così, giunta la risposta dell’Agenzia delle Entrate che - nell’ambito della risoluzione n. 31/E/2018 – ha precisato che per i contratti a canone concordato "non assistiti", al fine di ottenere la cedolare secca del 10% sui canoni, l'acquisizione dell'attestazione di un sindacato inquilini o di un’associazione della proprietà immobiliare costituisce elemento “necessario” per certificare la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all'accordo stesso. In tal senso, si era già espresso il Ministero delle Infrastrutture che, con nota del 6 febbraio 2018, n. 1380, affermando che "… l'obbligatorietà dell'attestazione fonda i suoi presupposti sulla necessità di documentare alla pubblica amministrazione, .. la sussistenza di tutti gli elementi utili ad accertare sia i contenuti dell'accordo locale che i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali, ..". Ed ancora, che tale attestazione può essere resa “indifferentemente” sia da una associazione di proprietari che da una associazione degli inquilini purché firmatarie dell'accordo locale. L'attestazione non risulta, invece, necessaria, per i contratti di locazione stipulati prima dell'entrata in vigore del decreto ovvero anche successivamente, laddove non risultino stipulati accordi territoriali dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni degli inquilini e dei proprietari di immobili che hanno recepito le previsioni dettate dal decreto.
Per quanto attiene alla “necessità” di produrre detta attestazione in “allegato” al contratto di locazione in sede di registrazione, si fa presente che il decreto non definisce un obbligo in capo alle parti contrattuali di procedere all'allegazione né tale obbligo emerge dalle previsioni dettate dal TUR. L'assenza di un obbligo non esclude che le parti possano, comunque, procedere a detta allegazione in sede di registrazione del contratto di locazione. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che “L'allegazione dell'attestazione in sede di registrazione appare.. opportuna al fine di documentare la sussistenza dei requisiti, laddove il contribuente chieda di fruire dell'agevolazione …prevista dall'articolo 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ai fini dell'imposta di registro”. In questo caso, in sede di registrazione del contratto di locazione, l'Ufficio provvederà alla “registrazione anche dell'attestato senza autonoma applicazione dell'imposta di registro”, senza quindi alcun costo per il contribuente. E’, perciò, possibile che proprio l’allegazione dell’attestazione permetta di evitare la scure dei controlli dell’Amministrazione. In ogni caso, l’obbligo riguarda i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto (ossia dopo il 30 marzo 2017).
Uno degli aspetti più controversi in materia di applicazione dell’aliquota ridotta al 10% concerne i contratti di locazione stipulati nei Comuni per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza per eventi calamitosi. La Legge di Bilancio 2020, come anticipato, interviene direttamente sull’ articolo 3, comma 2 del DLgs. n. 23/2011 lasciando un vuoto normativo per simile tipologia di contratti.
Procedendo con ordine, diamo un quadro di insieme delle disposizioni normative.
L’articolo 9, commi 1 e 2-bis del D.L. n. 47/2014 ha previsto l’applicazione, “per gli anni dal 2014 al 2019” (inizialmente, per gli anni 2014-2017) dell’aliquota ridotta “anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali sia stato deliberato, negli ultimi cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, lo stato di emergenza a seguito del verificarsi degli eventi calamitosi”.
La norma, nella sua formulazione “iniziale”, richiamava l'articolo 3, comma 2 del DLgs. n. 23/2011 (non modificato) che continuava a riportare l’aliquota del 15%, ma che la disposizione “temporanea” dell’articolo 9 del D.L. n. 47/2014 aveva ridotto al 10% per detta tipologia di contratti di locazione.
Quindi, in base alla lettera della norma, limitatamente agli anni dal 2014 al 2019 (fino, cioè, allo scorso 31.12.2019), l’aliquota del 10% della cedolare secca era applicabile ai contratti di locazione stipulati nei Comuni per i quali è stato deliberato, dal 28 maggio 2009 al 28 maggio 2014, lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi. Con la Legge di Bilancio 2020, il Legislatore, intervenendo “a regime” sull’aliquota della cedolare secca e non modificando il carattere temporaneo (“anni dal 2014 al 2019”) di applicazione della stessa, pare abbia lasciato fuori dall’applicazione dell’aliquota agevolata (a partire dallo 01.01.2020) i contratti stipulati nei Comuni colpiti da calamità.
Si ritiene necessario un intervento normativo che ponga fine a tale incertezza, come auspicato da Confedilizia nel comunicato stampa del 16.01.2020: questa, in audizione alla Camera in merito al decreto c.d. "Milleproroghe", ha sottolineato l'importanza di una prosecuzione della disposizione. Tuttavia, secondo alcuni autori - teoria condivisibile - basterebbe una interpretazione che tenga conto del cd. “rinvio dinamico” disciplinato dall’articolo 15 delle “preleggi”, secondo cui “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”. Seguendo questa linea di pensiero, l’articolo 9 del DL n. 47/2014 potrebbe ritenersi “superato e sostituito” dalle disposizioni della Legge di Bilancio 2020. Resta, comunque, necessario un chiarimento dell’Amministrazione finanziaria che dia una linea interpretativa sul punto in attesa di un eventuale intervento normativo.
Nessuna novità, almeno per il momento, sul rinnovo della cedolare secca sulle locazioni commerciali. Pertanto, per i contratti stipulati dal 2020, si torna al “passato”. Come noto, tale misura - introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 (articolo 1, co. 59 della L. n. 145/2018) – prevede(va) l’estensione della disciplina della cedolare secca (imposta sostitutiva del 21%) anche alle unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe ovvero locali per attività commerciale per vendita o rivendita di prodotti) di superficie, al netto delle pertinenze, fino a 600 mq e alle relative pertinenze (C/2, C/6 e C/7), se congiuntamente locate. Pertanto, l’opzione per la cedolare secca era destinata ad attività commerciale di vendita o rivendita di prodotti, restando escluse, ad esempio, le locazioni di immobili ad uso uffici o studi privati (categoria A/10).
Ciò detto, si rammenta che l’imposta sostitutiva:
Ancora, l'opzione per la cedolare secca non è ammessa nel caso in cui, nel 2019, avvenga il subentro di un nuovo conduttore nel contratto (risposta ad interpello n. 364 del 30.9.2019); diversamente, è possibile accedere alla tassa piatta laddove il contratto di locazione faccia dipendere la “quota variabile” del canone dal fatturato del conduttore, in quanto tale previsione non rientra nel campo di applicazione dell'articolo 3, comma 11 del DLgs. n. 23/2011 riguardante i casi di aggiornamento del canone (risposta interpello n. 340 del 23.8.2019).
Detta misura, quindi, è rimasta circoscritta ai soli contratti “stipulati” tra l'1.1.2019 ed il 31.12.2019. Non sembra, infatti, che la “proroga” di tale disposizione possa entrare nel Ddl. di conversione del c.d. "Milleproroghe", sebbene sia stata data una apertura per la Manovra 2021.
Quadro Normativo |
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