Casse previdenza. Clausola di salvaguardia senza effetti retroattivi
Pubblicato il 13 agosto 2014
Le
Casse dei professionisti, che in base alle loro vecchie delibere, hanno tagliato le pensioni attese senza rispettare il
principio del “pro rata”, ossia senza considerare quanto maturato fino a quel momento, potrebbero trovarsi di nuovo di fronte a delle difficoltà, secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza
17892/2014, depositata il 12 agosto 2014.
I Supremi giudici, infatti, si sono soffermati ad analizzare le disposizioni che riformano la
Cassa dei ragionieri, traendone delle conclusioni che possono essere considerate valide anche per le altre gestioni pensionistiche.
Nello specifico, sono incriminate le norme che hanno rivisto la quota retributiva della pensione dei ragionieri parametrandola sui redditi di tutta la vita lavorativa senza “
patrimonializzare” il maturato fino a quel momento, con il calcolo sui redditi dei migliori 15 anni nell’arco degli ultimi 20 anni trascorsi.
Secondo le conclusioni della sentenza 17892/2014, la disposizione sulla “
clausola di salvaguardia” prevista dalla legge di
Stabilità per il 2014 (Legge
147/2013, articolo 1, comma 488)
non deve essere considerata come una
norma di interpretazione autentica e, di conseguenza, non sana le eccezioni al principio del pro rata precedenti al 2007.
Ne deriva che il
pro rata “temperato” – ossia usato come parametro tenuto semplicemente presente – non è utilizzabile anche prima del 2007, anno in cui per la prima volta il legislatore ha tentato di porre al riparo le decisioni restrittive adottate dalle Casse di previdenza.
Per la Corte, infatti, si tratta solo di una
norma innovativa, ma non interpretativa, che di fatto non rende legittime le delibere passate, che non applicano in modo preciso il principio del pro rata, come stabilito dall’articolo 3, comma 12 della Legge
335/1995.