E’ da considerare nulla la cartella di pagamento priva dell'indicazione dei criteri usati per il calcolo degli interessi sul debito tributario preteso, dal momento che il contribuente che la riceve non può verificare la correttezza della pretesa dell’Amministrazione finanziaria e, dunque, non può difendersi adeguatamente.
Il principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 10481 del 3 maggio 2018.
Una contribuente si era vista notificare una cartella di pagamento frutto di un atto di accertamento per maggiore Irpef. Nella cartella erano stati riportati gli interessi dovuti, ma senza l'indicazione dei criteri usati per il calcolo degli stessi.
La contribuente ricorreva in Ctr per tale mancanza e la stessa Commissione regionale riteneva la cartella nulla, annullando gli interessi.
L’Agenzia è ricorsa in Cassazione ritenendo che non fosse necessaria alcuna esplicitazione dei criteri di calcolo degli interessi dovuti, sia perché questi sono rigidamente predeterminati per legge, sia perché la cartella viene redatta secondo un modello ministeriale che non prevede questa specifica.
La Cassazione rigetta il ricorso dell’Amministrazione finanziaria sancendo che “in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati dev'essere motivata dal momento che il contribuente dev'essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo”.
Dunque, è necessario – secondo i Supremi giudici – che vengano indicate le singole aliquote prese a base delle annualità, non essendo possibile inserire solo l’ammontare globale degli interessi dovuti.
La cartella di pagamento deve motivare gli interessi maturati sul debito tributario, per consentire al contribuente di verificare la correttezza del calcolo.
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