La Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione relativa al diritto del lavoratore che assiste con continuità il congiunto disabile di scegliere la sede lavorativa più vicina, richiamando, sul punto, i principi espressi dalla costante giurisprudenza di legittimità.
Con ordinanza n. 21627 del 20 luglio 2023, la Sezione lavoro della Cassazione ha evidenziato, in primo luogo, come il diritto a scegliere, se possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona disabile da assistere (e lo speculare diritto a non essere trasferito senza consenso) non sia assoluto e illimitato.
Tale diritto può e deve essere bilanciato con gli interessi datoriali in conflitto nel caso concreto, come evidenziato dall’inciso “ove possibile” contenuto nella norma di riferimento.
Esso - si legge nella decisione - può essere esercitato, al ricorrere delle condizioni di legge, non solo al momento dell'assunzione ma anche nel corso del rapporto di lavoro: è il tenore letterale della norma a deporre in tal senso, in coerenza con la funzione solidaristica della disciplina e con le esigenze di tutela e garanzia dei diritti del soggetto portatore di handicap previsti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
A seguire, è stato anche evidenziato come il divieto di trasferimento del lavoratore che assista con continuità un familiare invalido, quale limite esterno al potere datoriale, prevalga nei confronti delle ordinarie esigenze tecniche, organizzative e produttive, salvo il caso in cui queste ultime non possano essere diversamente soddisfatte.
Con riferimento all'onere della prova, infine, è stato rammentato che spetta al datore di lavoro la dimostrazione delle circostanze ostative all’esercizio del diritto al trasferimento.
La vicenda esaminata dalla Suprema corte aveva ad oggetto la domanda cautelare avanzata da una lavoratrice ai fini dello spostamento nella sede della città in cui la stessa risiedeva, quale congiunta convivente con il proprio padre in condizioni di disabilità grave.
Nella specie, gli Ermellini hanno ritenuto che la Corte d'appello avesse coerentemente applicato i principi giurisprudenziali sopra ricordati.
Nel dettaglio:
I giudici di merito, in definitiva, attraverso un giudizio di valutazione delle prove non censurabile in sede di legittimità, in quanto congruamente e logicamente motivato, erano pervenuti alla conclusione che fosse carente la prova di un'effettiva lesione delle esigenze aziendali.
Ne conseguiva il riconoscimento, in favore del caregiver, del diritto di scegliere la sede più vicina.
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