Sono state respinte le doglianze avanzate, in sede di legittimità, da due imputati, ai fini dell’annullamento della sentenza con cui i due erano stati condannati in primo grado, per asserita violazione del diritto di difesa.
I due, in particolare, lamentavano che all’udienza conclusiva del processo di primo grado non era stato concesso loro alcun termine a difesa, nonostante in detta sede gli stessi fossero privi di un difensore e fosse stato nominato, in detta occasione, un difensore d’ufficio.
La Suprema corte – sentenza n. 14223 del 23 marzo 2017 - ha ritenuto legittima la statuizione di merito con cui la Corte d’appello aveva escluso qualsiasi violazione nei termini riferiti, ravvisando un concreto pregiudizio dell’interesse obiettivo dell’ordinamento alla celebrazione di un giudizio equo in tempi ragionevoli.
Questo in quanto, nella specie, lo svolgimento e la definizione del giudizio di primo grado erano stati ostacolati da un numero esagerato di iniziative difensive con il solo obiettivo di ottenere una reiterazione tendenzialmente infinita delle attività processuali.
Dalla sentenza impugnata era, infatti, emerso che:
In tale ultima occasione, peraltro, l’assenza del difensore di fiducia non era dovuta a legittimo impedimento e non determinava, quindi, la necessità di concedere un termine a difesa.
Non vi era stata, in definitiva, alcuna violazione del diritto di difesa, dato che la mancata comparizione del legale era oggettivamente ascrivibile ad una scelta difensiva che non poteva incidere, fuori dai casi espressamente consentiti, sull’obbligatorietà dell’azione penale e sul prevalente interesse pubblico alla definizione dei processi penali in tempi ragionevoli.
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