Il minore ben può essere collocato prevalentemente presso il padre, se nel corso dell’audizione ha espresso tale desiderio in quanto, a suo dire, ivi riceverebbe maggiori attenzioni.
E’ quanto enunciato dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, respingendo il ricorso di una madre avverso la pronuncia con cui, a seguito di separazione dal marito, il figlio era stato collocato prevalentemente presso il padre, ad essa residuando il versamento di un contributo mensile di mantenimento.
Si doleva in particolare la ricorrente, del fatto che il giudice d’appello non avesse tenuto conto, nel disporre l’affidamento del minore, della maggiore idoneità della madre a prendersi cura del medesimo, anche in considerazione di una serie di elementi addotti in atti.
Pur tuttavia – chiarisce la Corte Suprema – nel caso de quo non appare censurabile la statuizione di merito, laddove, in punto di affidamento del bambino, abbia dato particolare rilevanza alle dichiarazioni di quest’ultimo, esprimenti il desiderio di “poter mantenere l’attuale collocamento presso l’abitazione paterna, in quanto vi riceverebbe attenzioni da una pluralità di figure vissute e descritte come affettive”.
Orbene, secondo il medesimo Collegio, con sentenza n. 2770 del 2 febbraio 2017, non può mettersi in dubbio che l’audizione dei minori – direttamente dal giudice o da un esperto da esso delegato – già prevista dall'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, sia divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori.
Ne consegue che l’ascolto del minore di almeno 12 anni (anche di meno, se avente capacità di discernimento), costituisce una delle modalità, se non tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo vedono interessato, nonché elemento di primaria importanza per la valutazione del suo interesse.
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