Nella sentenza inerente la causa C-520/14, emessa il 12 maggio 2016, la Corte di giustizia europea indica in modo chiaro la metodologia utilizzata per valutare quando un soggetto pone in essere un'attività economica.
Un comune olandese ha fatto presente di ricorrere ai servizi di imprese di trasporto per il trasporto scolastico degli allievi che sono ammessi a usufruirne. Circa un terzo dei genitori dei bambini che ne fruiscono hanno versato contributi, il cui ammontare complessivo corrisponde al 3% degli importi versati dal comune per il finanziamento del trasporto.
Per questo l'ente territoriale ha ritenuto di essere assoggettato al pagamento dell’IVA ed ha detratto l'imposta fatturatagli dai trasportatori. Ma l'amministrazione fiscale ha negato tale operazione sostenendo che il comune non fornisce prestazioni a titolo oneroso e, dunque, non esercita un’attività economica.
La Corte europea pur ammettendo che il trasporto scolastico fornito dal comune costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, afferma che ciò non è sufficiente per dichiarare che viene svolta un’attività economica.
Infatti, esaminando le circostanze in cui viene realizzata, si evidenzia l’assenza di un nesso concreto tra la somma pagata e la prestazione di servizi fornita. Il contributo dato dai genitori non ha la connotazione di controvalore per la retribuzione dei servizi; di conseguenza non si può affermare che questi costituiscano attività economiche.
In conclusione, afferma la sentenza della Corte Ue del 12 maggio 2016, il comune che fornisce un servizio di trasporto scolastico come quello specificato non esercita un’attività economica e non ha quindi la qualità di soggetto passivo.
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