Il Comune non può negare l’accesso agli atti, solo perché adottati in seduta segreta.
Lo ha chiarito il Tar Lombardia, terza sezione, accogliendo le ragioni di un ex dipendente comunale, che aveva proposto ricorso avverso il diniego del Comune alla propria richiesta di accesso agli atti della Commissione d’indagine, dal predetto Ente istituita per la sua nomina a dirigente. Diniego motivato dal Comune sull'assunto che gli atti di cui era richiesta l’ostensione fossero stati adottati in seduta segreta.
Dalla lettura delle norme regolamentari comunali - evidenzia in primo luogo il Collegio amministrativo - non si ricava in via diretta che gli atti delle sedute segrete siano automaticamente sottratti all’accesso, atteso che è stabilita solo la non pubblicità della seduta. Se la fonte regolamentare locale, in altre parole, è quella primaria in fatto di pubblicità delle sedute (delega di cui all'art. 38 comma 7 D.Lgs. 267/2000), altrettanto non vale per l’accesso agli atti,
Quanto all'accesso, provvede difatti l’art. 22 Legge n. 241/1990, a detta del quale tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad accezione di quelli indicati all'art. 24 stessa legge, ossia nei casi di segreto o divieto di divulgazione previsti espressamente dalla legge o dal regolamento governativo; mentre alla stessa Amministrazione compete individuare gli atti coperti da segreto, secondo norme di legge.
Ebbene nei casi di segreto espressamente previsti dall'ordinamento, non rientrano le opinioni espresse ed i voti dati dai consiglieri comunali nell'esercizio delle loro funzioni e non ostano motivi di riservatezza in merito alla condotta della persona oggetto d’ indagine da parte del Consiglio comunale, in quanto è la stessa che richiede l’accesso. Né d’altro canto l’attività d’indagine del Consiglio comunale, volta a far valere una responsabilità politica, ha le stesse garanzie delle indagini penali della polizia e della magistratura. Neppure eventuali testimonianze di impiegati comunali possono dunque essere secretate, in quanto attinenti ad attività amministrativa. Infatti il segreto d’ufficio - ossia l’obbligo di non comunicare all'esterno dell’amministrazione notizie o informazioni di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni, ovvero che riguardino l’attività amministrativa in corso di svolgimento o già conclusa - recita il Tar Lombardia con sentenza n. 1409 del 22 giugno 2017, non può prevalere sul diritto d’accesso ai sensi dell’art. 28 della L. 241/90.
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