Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dall’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori), unitamente ad altra associazione, volto all’annullamento della circolare del ministero dell’Interno n. 6/2015 e della nota dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia del 31 marzo 2015, nelle parti in cui, fornendo la medesima interpretazione, ricomprendevano, nell’ambito degli accordi conclusi dinanzi agli ufficiali dello stato civile, anche la disciplina concordata degli obblighi di pagamento di assegni ovvero la modifica, revoca o revisione delle relative condizioni.
L’interpretazione ministeriale controversa attiene all’articolo 12 del Decreto legge n. 132/2014, ai sensi del quale è prevista la possibilità, per i coniugi, di concludere, innanzi al Sindaco del Comune di residenza o presso cui è trascritto l’atto di matrimonio, quale ufficiale dello stato civile, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione personale ovvero di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
Censurata, in particolare, la lettura relativa alla previsione di cui al comma 3, terzo periodo, del citato articolo 12 ai sensi del quale “L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”.
Nel dettaglio, nella circolare dell’Interno, la locuzione giuridica “patti di trasferimento patrimoniale”, in presenza dei quali non può farsi ricorso alla procedura semplificata in oggetto, era stata interpretata limitandone la portata e facendovi rientrare solo l’ipotesi di assegno una tantum ed escludendo invece l’assegno mensile di mantenimento.
Aderendo alle considerazioni delle associazioni ricorrenti, il Tar ha giudicato detta interpretazione “non condivisibile” atteso che la portata della norma primaria è da ritenere, per contro, “ampia ed omnicomprensiva”, e come tale, quindi, riferita ad ogni ipotesi di trasferimento patrimoniale avente ad oggetto beni ben individuati o una somma di denaro.
Solamente un’interpretazione letterale della norma – hanno concluso i giudici amministrativi laziali nel testo della sentenza n. 7813 del 7 luglio 2016 – “assicura la tutela del soggetto debole, che, in caso contrario, potrebbe essere di fatto “costretto” ad accettare condizioni patrimoniali imposte dalla controparte più forte”.
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