Gli apporti in denaro ricevuti da una fondazione da parte di soggetti terzi, trattati come versamenti in conto capitale, sono al centro della risposta n. 255 del 17 luglio 2019 fornita dall’agenzia delle Entrate.
In sostanza, il documento agenziale verte sulla qualificazione fiscale dei contributi versati da soggetti al momento dell’adesione alla fondazione: a seguito di ciò, il soggetto assume lo status di socio partecipante o sostenitore.
Si specifica che la fondazione svolge attività di formazione manageriale post-lauream e post-experience, a fronte della quale è previsto il versamento di una quota di partecipazione.
I versamenti di un contributo in denaro, con il quale si acquisisce la qualifica di socio partecipante o sostenitore – afferma l’Agenzia – sono da considerare elementi costituitivi del patrimonio della fondazione e, di conseguenza, non assimilabili ad un prodotto della sua attività avente rilevanza reddituale (articolo 88, comma 4, Tuir: “Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni”).
Deve, quindi, affermarsi che i versamenti provenienti da soci partecipanti o sostenitori, anche se non danno diritto a partecipare all'assemblea della fondazione bensì ad un suo organo consultivo, come il “Consiglio di indirizzo”, non sono da considerarsi come erogazioni liberali.
Diversamente, se tali versamenti vengono corrisposti dai soci per la fruizione di attività di formazione svolte dalla fondazione, in considerazione dell’istituzione di un nesso di sinallagmaticità, gli apporti devono qualificarsi fiscalmente come ricavi.
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