Il diritto all’anticipo pensionistico (Ape sociale) è equiparato a quello alla Naspi in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro per impossibilità del lavoratore di accettare un trasferimento.
E’ quanto emerge dalla sentenza n. 988 del 22 maggio 2024, con cui il tribunale di Milano ha accolto il ricorso della lavoratrice volto al riconoscimento della prestazione negata dall’Inps.
Vediamo i dettagli della questione, non prima di fare una breve panoramica sull’istituto dell’Ape sociale e sui presupposti che ne sono alla base.
Cos’è
Si tratta di un’indennità sperimentale erogata dall'Inps, a domanda, fino al raggiungimento dell'età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all'età per pensione di vecchiaia.
Requisiti soggettivi
L'indennità spetta:
Requisiti oggettivi
Per il diritto alla prestazione devono sussistere i seguenti requisiti:
A chi non spetta
L’Ape sociale non spetta:
Passiamo ora ad esaminare la sentenza del tribunale di Milano n. 988 del 22 maggio 2024.
Risoluzione consensuale e Ape sociale
Come chiarito dall’Inps con il messaggio 24 novembre 2023, n. 4192, la risoluzione del rapporto di lavoro in seguito all’accordo consensuale (decreto legge n. 104/2020 e legge n. 178/2020), rientra tra le ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro utili ai fini del riconoscimento dell’Ape sociale.
Nel caso di specie, un’azienda aveva disposto il trasferimento dei lavoratori da un sito produttivo ad uno distante circa 300 chilometri; una dipendente non aveva accettato tale decisione e, quindi, il rapporto di lavoro era stato risolto consensualmente con specifica, nelle premesse del verbale di conciliazione, che la decisione era motivata proprio dalla distanza della nuova sede.
Il verbale di conciliazione, considerato dall’Inps valido per l’accesso della lavoratrice alla Naspi per il requisito della perdita involontaria del rapporto di lavoro, non è stato però ritenuto valido al fine di riconoscere il diritto della ricorrente alla prestazione Ape sociale.
L’Istituto infatti, stante l’asserita tassatività delle fattispecie previste per l’accesso all’Ape sociale dalla legge n. 232 del 2016, ha ritenuto che la risoluzione consensuale sia differente dalla procedura prevista dall’articolo 7 della legge n. 604/1966, non consentendo la fruizione dell’anticipo in base ad una interpretazione letterale della norma.
A fronte di tale valutazione dell’Inps, il tribunale ha ricostruito la disciplina normativa dell’Ape a cui possono accedere, tra gli altri, le persone in stato di disoccupazione a seguito di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nell’ambito della citata procedura prevista dall’articolo 7 della legge n. 604/1966.
Se la risoluzione per rifiuto di un trasferimento di sede è ritenuta dall’Inps valida per l’accesso alla Naspi, erogata infatti alla lavoratrice, a parere del giudice non vi è alcun motivo per contraddire tale interpretazione, valutando il medesimo requisito della disoccupazione involontaria, con riferimento alla concessione della prestazione Ape sociale.
Modifica sostanziale del contratto di lavoro
Con riferimento anche alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza C-422/14), il tribunale prosegue affermando che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, ad una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro rientra nella nozione di licenziamento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a) della direttiva n. 98/59 che disciplina i licenziamenti collettivi.
Del resto, in un caso analogo l’Inps (messaggio n. 4192/2023) aveva già ammesso all’Ape sociale i sottoscrittori della risoluzione consensuale prevista dal decreto legge n. 104/2020, non menzionata alla lettera nella norma originaria dell’Ape.
Il Tribunale condanna dunque l’Ente previdenziale a riconoscere il diritto a percepire l’anticipo pensionistico.
Sintesi del caso |
Un'azienda trasferisce i lavoratori da un sito vicino a Milano a uno in provincia di Lucca. Una dipendente rifiuta il trasferimento, che comporta una distanza di 295 km dalla propria residenza, e risolve consensualmente il rapporto di lavoro. |
Questione dibattuta |
L'Inps riconosce la validità del verbale di conciliazione per l'accesso alla Naspi, ma nega la stessa validità per l'accesso all'Ape sociale, sostenendo che la risoluzione consensuale non rientri nelle ipotesi previste dalla legge per l'Ape sociale. |
Soluzione del giudice |
Il tribunale di Milano stabilisce che la risoluzione consensuale per rifiuto del trasferimento della sede di lavoro deve essere considerata perdita involontaria del lavoro anche per l'accesso all'Ape sociale. |
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