In tema di atti persecutori, il rigetto dell’istanza di ammonimento orale deve essere motivato.
L’ammonimento orale, previsto dall’articolo 8, del Decreto legge n. 11/2009, è, infatti, una misura deputata a svolgere una funzione avanzata di prevenzione e di dissuasione dei comportamenti sanzionati dall’art. 612-bis c.p.
Grazie a questa previsione, la persona offesa, prima di proporre querela per il reato di stalking, può avanzare richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta.
Perché l'ammonimento venga emesso, non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per le ipotesi di reato perseguite dal citato articolo 612-bis, ma è sufficiente la presenza di un quadro istruttorio da cui emergano, anche sul piano indiziario, “eventi che recano un vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, su un piano anche solo potenziale, all’integrità della persona”.
Così, se è vero che l'ammonimento costituisce un provvedimento discrezionale che deve, quindi, essere adeguatamente motivato (ai sensi dell’articolo 3, della Legge n. 241/1990), correlativamente, anche il provvedimento, sempre discrezionale, con cui l’autorità amministrativa ritenga insussistenti i presupposti per l’emissione delle misure preventive, deve essere debitamente motivato.
Non devono, infatti, rendersi “immotivatamente frustrate” le esigenze di tutela della collettività e, nel caso delle misure di cui all’art. 8, d.l. n. 11 del 2009, dei singoli.
E' quanto evidenziato dal Consiglio di Stato nel testo della sentenza n. 1085 del 15 febbraio 2019.
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