Risponde per appropriazione indebita l’amministratore di condominio che, seppur irritualmente revocato, al termine del suo incarico non restituisce denaro, libri contabili e documentazione amministrativa.
E’ quanto in sintesi affermato dalla Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di un soggetto riconosciuto penalmente responsabile ex art. 646 c.p., per essersi appropriato, abusando della sua nomina di amministratore condominiale, del denaro dei condomini, dei libri contabili e della documentazione amministrativa in suo possesso.
Chiarisce in proposito la Corte - respingendo il relativo motivo di censura - che per la configurazione del delitto di appropriazione indebita non è determinante l’irrituale convocazione dell’assemblea che aveva revocato il ricorrente dalla carica di amministratore di condominio. Convocazione, oltretutto, a cui lo stesso aveva risposto esternando la volontà di dimettersi da tale carica.
Ciò che emerge, di fatto, è che l’ex amministratore non ebbe a restituire la somma percepita ed i libri contabili neanche successivamente, a seguito di richiesta formulatagli con raccomandata dal legale del condominio.
Risulta inoltre congruamente ed ampiamente dimostrata – prosegue la Corte Suprema – l’aggiuntiva circostanza per cui l’amministratore aveva ricevuto dai condomini ulteriori somme di denaro, che avrebbe dovuto versare all'Erario per conto del condominio quale sostituto d’imposta ed a titolo di ritenuta d’acconto. Cifre tuttavia mai corrisposte all'Agenzia delle Entrate, e di cui, invano, gli stessi condomini avevano chiesto notizie.
Sicché appare corretta – conclude la Corte con sentenza n. 38660 depositata il 19 settembre 2016 – secondo ricostruzione priva di vizi logici, la riconducibilità dei contestati fatti nel reato di appropriazione indebita di somme e documentazione da parte del ricorrente.
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