Ai condomini il potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione

Pubblicato il 30 marzo 2012 La Corte di cassazione, con sentenza n. 4991 del 28 marzo 2012, ha accolto il ricorso presentato da un condomino avverso la decisione con cui il Tribunale di Venezia lo aveva ritenuto non legittimato ad impugnare una sentenza di primo grado pronunciata nell’ambito di un procedimento a cui lo stesso non aveva preso parte. Detto procedimento, in particolare, aveva portato all’annullamento di una delibera dell’assemblea condominiale.

Secondo il Tribunale, poiché la decisione aveva riguardato non l’esistenza del diritto dei condomini all’uso del bene comune, ma solo le modalità e facoltà di utilizzo dello stesso, la relativa impugnazione poteva essere esperita esclusivamente dall’amministratore.

Di diverso avviso la Suprema corte, per la quale il merito della controversia aveva riguardato, non già i limiti quantitativi e qualitativi nell’uso dei servizi del condominio, “ma l’esistenza (o l’inesistenza) del diritto di usare del muro comune al fine di apporvi targhe, e quindi un diritto soggettivo di carattere dominicale, spettante al condomino”. Di conseguenza, essendo in discussione i diritti e le facoltà che si riconnettono al diritto di comproprietà dei condomini sulla parte comune – continua la Corte – i giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere la legittimazione ad appellare del singolo condomino, in luogo dell’amministratore che era stato parte nel giudizio di primo grado; e ciò in base al principio secondo cui “nel condominio di edifici, che costituisce un ente di gestione, l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né quindi del potere di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti dell’ amministratore stesso che vi abbia fatto acquiescenza”.
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