L’amministrazione finanziaria è legittimata a far iniziare, a seguito di uno scritto anonimo, l’attività di accertamento induttivo.
E’ la conclusione contenuta nell’ordinanza n. 1348 del 18 gennaio 2019 della Corte di cassazione.
A seguito di una denuncia anonima, ad una contribuente erano stati contestati avvisi di accertamento Irpef, Iva, Irap per redditi di lavoro non dichiarati. I giudici di merito avevano respinto i ricorsi avanzati dalle Entrate.
In sede di ricorso in cassazione, l’amministrazione finanziaria lamenta una violazione di legge contenuta nella sentenza della Ctr, dove si afferma come l’accertamento induttivo deve essere supportato da elementi gravi, precisi e concordanti quando sia in ballo la contestazione per accertamenti fondati su indagini bancarie e su evasione totale degli obblighi tributari.
Nell’ordinanza 1348/2019, i giudici della Suprema Corte hanno sostenuto che in caso di omessa dichiarazione del contribuente, l’AF può (articolo 41 del Dpr 600/73), sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, determinare il reddito complessivo del contribuente, ricorrendo a presunzioni cd. supersemplici, che comportano l'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente. Costui, quindi, può fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o che è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall'ufficio.
In definitiva, l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi legittima il ricorso al suddetto articolo 41 e di conseguenza era onere del contribuente dimostrare i fatti negativi che avevano impedito la formazione del reddito.
Infine, circa l’uso di una denuncia anonima come base di un accertamento induttivo, in passato la stessa Corte ha sostenuto, in sede penale, che lo “scritto anonimo può ben costituire l'innesco di attività per l'assunzione di dati conoscitivi”. Se tale principio ha valore in sede penale, a maggior ragione deve, quindi, trovare applicazione in sede tributaria.
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