Anche di fronte ad una contabilità formalmente corretta, il Fisco può desumere in via induttiva, sulla base dl presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente. Preferito il parametro della comparazione dei redditi piuttosto che l’applicazione degli studi di settore.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17596, depositata il 21 giugno 2021, respingendo il ricorso di un contribuente che si lamentava della pronuncia della CTR che aveva ammesso il ricorso all’accertamento analitico-induttivo anche con regolare contabilità formale.
Nei fatti, si accertava un maggior reddito Irpef, Irap, addizionali regionali e comunali, nei confronti di un professionista (odontoiatra), utilizzando il metodo analitico-induttivo (articolo 39, comma 1, lett. d), DPR n. 600/1973).
La CTR ribaltava il giudizio del primo grado sostenendo che, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l'antieconomicità del comportamento del contribuente, l’A.F. può desumere in via induttiva sulla base dl presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente. Per arrivare a questo, è possibile utilizzare le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività.
Altra doglianza sollevata dal contribuente ha riguardato il fatto che lo stesso era risultato congruo rispetto agli studi di settore: in realtà, la Corte ha più volte sostenuto come lo strumento degli studi di settore siano uno dei modi per accertare in via induttiva il reddito reale del cittadino.
A prescindere dalle risultanze degli specifici studi di settore e della conformità alle stesse dei ricavi aziendali dichiarati, è possibile effettuare un accertamento presuntivo sulla base del riscontro di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli formalmente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta.
La congruità può non avere importanza se non accompagnata da un adeguato supporto probatorio. Nella fattispecie, non costituisce prova il fatto della giovane età del professionista e della recente apertura dello studio: tali dati non giustificano redditi inferiori a quelli di un infermiere, considerando anche l’impegno dello stesso in collaborazioni a livello universitario.
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