Welfare aziendale, benefit fuori dai redditi di lavoro dipendente

Pubblicato il 28 settembre 2020

Non rientrano interamente nella formazione del reddito di lavoro dipendente, tutte le utilità a carattere premiale legate al raggiungimento di uno specifico obiettivo economico di fatturato, dettagliatamente specificate nei regolamenti aziendali di welfare.

A specificarlo è l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 55/E del 25 settembre 2020, a seguito di un articolato ragionamento fondato sulla norma di riferimento (art. 51, co. 1, 2, 3 e 4, del TUIR).

Welfare aziendale, la normativa

Ai sensi dell’art. 51, co. 1, del TUIR, costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.

Pertanto, sia gli emolumenti in denaro, sia i valori corrispondenti ai beni e/o ai servizi percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono, in linea generale, redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente (cd. “principio di onnicomprensività”).

Welfare aziendale, deroghe alla tassazione fiscale

Il medesimo articolo individua, tuttavia, al co. 2 e all’ultimo periodo del comma 3, specifiche deroghe, elencando le opere, i servizi, le prestazioni e i rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte, sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione.

In altri termini, la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente deve essere coordinata col “principio di onnicomprensività” che, riconducendo nell’alveo di tale categoria reddituale tutto ciò che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, riconosce l’applicazione residuale delle predette deroghe, in ragione anche della circostanza che i benefit ivi previsti non sempre assumono una connotazione strettamente reddituale. Pertanto, qualora tali benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione.

In particolare, si ritiene coerente con la portata dei co. 2 e 3 dell’art. 51 in esame, il piano welfare che premia i lavoratori dell’azienda che abbia incrementato il proprio fatturato, con una graduazione dell’erogazione dei benefit in base alla retribuzione annuale lorda. Diversamente, non appare in linea con le medesime disposizioni, una ripartizione effettuata in base alle presenze/assenze dei lavoratori in azienda oppure una erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile dei lavoratori.

Welfare aziendale, il parere dell’Agenzia delle Entrate

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che il valore dei benefit, come “Cinema”, “Musei”, “Palestre”, “Parchi divertimento”, “Abbonamenti a riviste”, ecc., non risulterà imponibile nella sola ipotesi in cui al dipendente venga riconosciuta la possibilità di aderire o non all'offerta proposta dal datore di lavoro, senza pertanto poter pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell'opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione.

Ancora, continua il documento di prassi in commento, restano fuori dal reddito imponibile i servizi "Benessere", "Cura alla persona" e i "Corsi di formazione" aventi finalità educative e/o formative organizzati da strutture qualificate. Per tali categorie è necessario che i benefit siano riconducibili a una finalità ricreativa e/o di svago, ovvero a finalità educative e di istruzione.

Non sono imponibili i rimborsi spesa per "le rette di iscrizione e frequenza materna dal nido all'università", i "Master universitari", i "Libri, scolastici", la "Mensa scolastica (esclusa quella universitaria)", le "Gite scolastiche", lo "Scuolabus, Pre e dopo scuola", la "Babisitting", i "Campi estivi", “l’assistenza di familiari anziani o non autosufficienti” e anche i voucher per “food”, “benzina” e “shopping”, se non superano il valore di 258,23 euro.

In relazione, infine, alle offerte in ambito sanitario ai dipendenti e ai loro familiari, tra cui la concessione di carte che offrono al titolare una serie di servizi come l’assistenza sanitaria telefonica “Medico H24” e la consulenza veterinaria telefonica per animali domestici, l’Agenzia precisa che tale ultima opportunità non può essere ricompresa nell’art. 51, co. 2, lett. f) del TUIR.

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