Solo i lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria devono essere sottoposti a visita medica a seguito di assenza per malattia superiore a 60 giorni continuativi.
A chiarirlo è la Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro del Ministero del Lavoro, interpellata al riguardo dall’Università degli Studi di Milano-Direzione Risorse Umane.
L’interpello del 6 febbraio 2024, n. 1 è l’occasione per fare il punto su cosa prevede la disciplina al riguardo e sugli adempimenti del datore di lavoro.
Per sorveglianza sanitaria si intende l’insieme degli atti medici volti a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
La definizione è contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera m), T. U. della sicurezza sul lavoro (decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008).
Lo stesso Testo unico (articolo 18) pone, in particolare, a carico del datore di lavoro e, secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, dei dirigenti che organizzano e dirigono attività soggette alla sua disciplina (vale a dire tutti i settori di attività, privati e pubblici e tutte le tipologie di rischio con le particolarità di cui all’articolo 3 del citato T.U.) l’obbligo di nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti e se richiesto dalla valutazione dei rischi.
Il datore di lavoro inoltre deve:
La sorveglianza sanitaria è affidata al medico competente.
L’articolo 41 T. U. della sicurezza sul lavoro dispone che la stessa venga svolta:
Lo stesso articolo fa rientrare nell’ambito della sorveglianza sanitaria (articolo 41, comma 2, lettera e-ter) la visita medica “precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l'idoneità alla mansione”.
Ed è questa disposizione oggetto dei chiarimenti in esame forniti con l’interpello n. 1 del 2024 della Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L’Università degli Studi di Milano-Direzione Risorse Umane, considerando le varie e differenti applicazioni nei diversi ambiti della P.A della disposizione in oggetto, ha chiesto al Ministero del lavoro di fornire “un'interpretazione univoca della legge, ovvero di chiarire se un soggetto, anche se non esposto, nè segnalato esposto ad alcun rischio lavorativo (chimico, biologico, meccanico e per uso di VDT), debba essere visitato dopo i 60 gg. di assenza per malattia”.
La Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro richiama in merito i dettami della giurisprudenza di legittimità .
In particolare la Corte di Cassazione, Sez. Lav., con sentenza del 27 marzo 2020, n. 7566 (richiamata anche nella sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lav., del 12 ottobre 2022, n. 29756) ha statuito che l’articolo 41, comma 2, lettera e-ter), debba essere letto “nel senso che la "ripresa del lavoro", rispetto alla quale la visita medica deve essere "precedente", è costituita dalla concreta assegnazione del lavoratore, quando egli faccia ritorno in azienda dopo un'assenza per motivi di salute prolungatasi per oltre sessanta giorni, alle medesime mansioni già svolte in precedenza, essendo queste soltanto le mansioni, per le quali sia necessario compiere una verifica di "idoneità" e cioè accertare se il lavoratore possa sostenerle senza pregiudizio o rischio per la sua integrità psico-fisica”.
Pertanto, conclude la Commissione, solo i lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria devono essere sottoposti alla visita medica per malattia superiore a 60 giorni continuativi, al fine di verificare la loro idoneità alla mansione.
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