L’abuso di autorità di cui all’art. 609-bis, primo comma, del Codice penale (violenza sessuale), presuppone nell’agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico o si riferisce anche a poteri di supremazia di natura privata?
E’ la questione recentemente affrontata dalle Sezioni Unite penali di Cassazione e la cui soluzione è stata anticipata con Informazione provvisoria n. 11/2020.
La diposizione in oggetto – si rammenta – è quella che sancisce: “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni”.
Secondo il Massimo Collegio di legittimità, l’abuso di autorità contemplato nella norma presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali.
Si resta in attesa del deposito della decisione.
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