I videogiochi utilizzati sui personal computer non costituiscono meri “programmi per elaboratore”, ovvero un software in senso proprio, bensì, in quanto opere complesse e multimediali, un prodotto diverso e riconducibile alla categoria dei supporti contenenti sequenze di immagini in movimento di cui alla Legge n. 633/1941. Gli stessi pertanto, quanto alla loro tutela, non rientrano nella sfera applicativa dell’art. 171 bis medesima Legge, bensì del successivo art. 171 ter comma 1 lett. f).
Più specificamente, rientrano nella fattispecie penale del citato art. 171 ter comma 1 lett f) Legge n. 633/1941, tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l’elusione di misure tecnologiche di protezione apposte su materiali od opere protette dal diritto d’autore, precisando ulteriormente che la norma incriminatrice non richiede la loro diretta apposizione sulle opere o sui materiali tutelati. Quanto in particolare alla consolle – per quel che nel caso di specie rileva – si precisa che, pur essendo una mera componente hardware, costituisce supporto necessario per far girare i software originali, fungendo, in sostanza, da "dispositivo serratura".
E’ quanto si legge nella sentenza n. 38204 del primo agosto 2017, con cui la Corte Costituzionale, terza sezione penale, ha respinto la richiesta di rimessione alle Sezioni Unite, finalizzata ad un intervento chiarificatore sulla sopra menzionata norma incriminatrice, alla luce dell’innovazione tecnologica e del paventato contrasto giurisprudenziale, specie per le pronunce di fonte comunitaria.
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