L’introduzione della deduzione del costo del lavoro per incremento occupazionale interesserà solo il 5,6% delle imprese, mentre il 25,3% delle imprese risulterà svantaggiato dalla soppressione dell’ACE, attraverso la eliminazione della deducibilità della remunerazione figurativa del capitale proprio (nuove azioni e autofinanziamento).
È una delle evidenze che emergono nella nota ISTAT del 5 luglio 2024 sugli effetti dei provvedimenti fiscali sulle imprese in materia di tassazione dei redditi delle società di capitale in vigore nel 2024
L’ISTAT, in particolare, pone a confronto gli effetti dell’introduzione della maggiorazione del costo del lavoro in deduzione in presenza di nuove assunzioni e della correlata abrogazione dell’incentivo alla capitalizzazione denominato Aiuto alla Crescita Economica (il cosiddetto ACE).
Vediamo nel dettaglio cosa evidenzia l’Istituto.
Emerge, in primo luogo, che le misure fiscali indicate nel primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle altre imposte sui redditi (decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216), avrebbero, nel complesso, effetti di cassa negativi sulle imprese, con una maggiorazione del prelievo IRES che raggiungerebbe il 10,2% nel 2024.
Il prelievo IRES addizionale derivante dalla eliminazione dell’ACE risulta pari al 12,2%, con quote più elevate per le imprese che, sulla base dell’indicatore sulla sostenibilità economica e finanziaria, figurano “a rischio”, e “fortemente a rischio” (25%).
La riduzione del prelievo IRES per effetto della nuova maggiorazione del costo del lavoro in deduzione in presenza di nuove assunzioni raggiunge l’1,9% ed è più elevata per le imprese delle costruzioni (4,5%), per le imprese “fragili” (5,6%) e “fortemente a rischio” (3,5%) e per quelle appartenenti alle classi dimensionali più piccole, con classe di fatturato fino a 10 milioni di euro, o con meno di 50 addetti.
L’introduzione della deduzione del costo del lavoro per incremento occupazionale interesserà solo il 5,6% delle imprese.
Tra queste ultime, quote più elevate si osservano per le unità della manifattura (8%) e delle costruzioni (7,9%) e al crescere della dimensione aziendale,
Il 25,3% delle imprese risulterà invece svantaggiato dalla soppressione dell’ACE, attraverso l’eliminazione della deducibilità della remunerazione figurativa del capitale proprio (nuove azioni e autofinanziamento).
Le imprese colpite dal provvedimento risultano più numerose nella manifattura (32,9%) e nei servizi di pubblica utilità (38%).
Inoltre, aggiunge l’ISTAT, gli indicatori del carico d’imposta sui fattori produttivi evidenziano come l’abrogazione dell’ACE renda il ricorso al capitale proprio più oneroso rispetto al capitale di terzi (+2,5 punti percentuali), indirizzando maggiormente le scelte di finanziamento delle imprese verso l’indebitamento piuttosto che verso una loro maggiore patrimonializzazione.
Di converso la maggiorazione del costo del lavoro in deduzione in presenza di assunzioni riduce il cuneo d’imposta sul lavoro per il datore di lavoro dello 0,9% (-1,3% per le categorie svantaggiate), relativamente alle assunzioni a tempo indeterminato.
A partire da settembre 2024, dopo l’entrata in vigore della nuova politica di coesione, il carico fiscale totale che i datori di lavoro dovranno sostenere per l’assunzione di donne sarà inferiore rispetto al 2023.
Al contrario, il beneficio fiscale per l’assunzione di giovani sarà nel 2024 inferiore rispetto al 2023. Per l’assunzione di dipendenti nelle regioni del Mezzogiorno, la riduzione del carico fiscale complessivo per il datore di lavoro sarà maggiore rispetto al 2023, ma solo per le imprese fino a 10 dipendenti.
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