Un trust è considerato fiscalmente rilevante nel nostro ordinamento solo se il potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui affidati dal disponente è effettivo.
La precisazione giunge dall’Agenzia delle Entrate, nella risposta ad interpello n. 381 dell’11 settembre 2019, con la quale viene analizzato il corretto trattamento tributario dei redditi derivanti dalle attività finanziarie (dividendi e plusvalenze) costituenti il fondo del trust, oltre che delle somme versate dal trustee ai beneficiari in forza dell’atto istitutivo.
L’istante, che aveva già avanzato istanza di interpello per avere chiarimenti sull’atto istitutivo di un trust successorio, rispetto al quale era stato giudicato fittiziamente interposto, a causa dell’eccessivo coinvolgimento del disponente nelle decisioni del trustee, chiede ora una nuova valutazione del trust, volendo apportare significative modifiche all’atto istitutivo dello stesso, così da “conferire al trustee un più ampio ed autonomo potere gestorio”.
L’Agenzia ricorda che la Legge n. 296/2006 ha modificato l’articolo 73 del Tuir, includendo i trust tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società.
Tuttavia, affinché un trust possa essere qualificato soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi costituisce elemento essenziale l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui affidati dal disponente.
Al contrario, il trust è “fiscalmente inesistente” in tutti quei casi in cui (per le clausole contenute nel suo atto istitutivo oppure in base ad elementi di fatto) il potere di gestione del patrimonio del trust permane in tutto o in parte in capo al disponente.
In questa circostanza, come specificato anche nella circolare n. 61/E/2010, non realizzandosi un reale spossessamento del disponente in relazione ai beni conferiti in trust, quest’ultimo si configura come una struttura meramente interposta rispetto al disponente, dunque i redditi (formalmente) prodotti dal trust devono continuare ad essere attribuiti al disponente.
Nella stessa circolare, come pure nella precedente circolare 10 ottobre 2009, n. 43, l’Agenzia ha, inoltre, indicato alcune tipologie di trust da ritenere “inesistenti in quanto interposte”, le quali hanno portato la stessa Amministrazione finanziaria - nella risposta alla prima istanza – a ritenere che il trust dovesse considerarsi fiscalmente irrilevante, in quanto non si verificava un pieno spossessamento dei beni da parte del disponente.
Passando ora ad analizzare le modifiche apportate dal disponente al nuovo atto istitutivo del trust, l’Agenzia arriva alla conclusione che non verificandosi – di fatto – alcuna modifica all’autonomia del trustee, che rimane troppo limitata, il trust è da considerare ancora inesistente.
Pertanto restano valide – secondo la risposta n. 381/2019 - le motivazioni con le quali il trust in esame era stato ritenuto inesistente, sotto il profilo dell’imposizione dei redditi, nel precedente interpello agenziale.
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