Trattamento fiscale dei contributi di assistenza sanitaria

Pubblicato il 07 ottobre 2020

Nella risposta all'interpello 6 ottobre 2020, n. 443, l'Amministrazione finanziaria fornisce riscontro sull'imponibilità dei contributi versati alla cassa sanitaria in sostituzione del premio di risultato, erogato ai sensi dell'art. 1, commi da 182 a 189, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208.

In particolare, la società istante intende conoscere la concorrenza alla determinazione del reddito di lavoro dipendente di eventuali opzioni, nell'ambito di un contratto integrativo aziendale, di conversione del premio variabile di risultato (per l'esercizio 2019) in servizi di welfare aziendale, nel limiti e alle condizioni previste dalla citata Legge di Stabilità per l'anno 2016, nonché del Decreto Ministeriale 25 marzo 2016, secondo cui vengono messi a disposizione dei dipendenti un insieme di servizi e prestazioni finalizzati al benessere personale, al supporto della vita familiare ovvero al potenziamento della copertura previdenziale e sanitaria.

L'istante, che intende introdurre nel piano di welfare un nuovo servizio di assistenza sanitaria erogato da una "Cassa" avente natura esclusivamente assistenziale, chiede di poter beneficiare dell'esclusione, degli anzidetti contributi, dalla formazione del reddito di lavoro dipendente. La disciplina di riferimento è, dunque, quella prescritta dall'art. 51, comma 2, lett. a, del TUIR, secondo cui  non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente "i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro e dal lavoratore ad enti e casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale (...) per un importo non superiore ad euro 3.615,20".

Nella fattispecie, l'istante ha, altresì, evidenziato che, per determinate spese sanitarie, la "Cassa" stipula due distinte polizze assicurative versando parte della contribuzione ricevuta all'incasso del premio assicurativo.

Ciò assunto, l'Agenzia delle Entrate, ritiene preliminarmente sottolineare che affinché possa ritenersi applicabile il regime di non concorrenza del contributo alla base imponibile del dipendente, la cassa sanitaria deve risultare contraente, nonché beneficiaria della polizza assicurativa. Ed invero, qualora risultassero beneficiari della polizza i lavoratori/associati, i contributi versati alla cassa non si qualificherebbero, nella loro interezza, "di assistenza sanitaria", configurando un beneficio aggiuntivo della retribuzione (c.d. fringe benefit) dei lavoratori dipendenti e come tale imponibile ai sensi dell'art. 51, comma 1, TUIR, fermo restando l'applicazione della soglia prevista dall'art. 51, comma 3, ai sensi del quale il valore dei beni in natura non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente se, sommato al valore degli altri eventuali beni e servizi in natura concessi al dipendente nel medesimo periodo d'imposta, non risulta superato il limite di euro 258,23.

In tal senso, nella struttura della polizza offerta, restano esclusi dal regime di esenzione due pacchetti sanitari che non rispettano il caratteristico principio di mutualità secondo cui sussiste una stretta correlazione tra quanto percepito dalla cassa a titolo di contribuzione ed il valore delle prestazioni rese nei confronti del lavoratore.

La contribuzione delle polizze in esame, nelle forme esplicitate nel pacchetti 2 e 3, nonché alla copertura LCT, non gode del regime di non concorrenza alla determinazione del reddito di lavoro dipendente potendo, però, essere ammessa alla concorrenza del limite d'esenzione previsto da citato comma 3.

Infine, con riferimento alla quota di iscrizione alla cassa sanitaria a carico del datore di lavoro, non potendo ravvisarsi un collegamento diretto tra il versamento e la posizione del singolo iscritto, non è possibile riconoscere in tale contributo la concorrenza della componente reddituale nei confronti del lavoratore.

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