La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per reato di tortura, a seguito dei ricorsi presentati da 59 dimostranti, i quali, condotti presso la caserma di Bolzaneto dopo gli incidenti del vertice G8 a Genova nel 2001, dunque in stato di detenzione, avevano subito delle aggressioni fisiche, verbali e psicologiche da parte degli agenti di polizia. I ricorrenti, in particolare – secondo i Giudici di Strasburgo – hanno subito violenze con impiego di forza eccessivo, indiscriminato e sproporzionato, specie se si consideri la condizione di particolare vulnerabilità in cui versavano le vittime a causa dello stato di detenzione. Il tutto sta ad integrare il reato di tortura, che al momento, tuttavia, non era ancora contemplato dalla legislazione italiana.
Ma ciò che, nello specifico, la Corte europea censura – con sentenze pubblicate il 26 ottobre 2017; ricorsi n.ri 28923/09 e 1442/14 – è l’inadeguatezza del sistema penale italiano (anche in fase preventiva) nel punire i colpevoli. Molti di essi, a causa della mancanza di cooperazione tra le forze dell’ordine, non sono stati nemmeno identificati. I pochi puniti, hanno invece potuto beneficiare di sistemi quali la sospensione della pena o la prescrizione. Sul punto, pertanto, la Corte è stata chiara: preso atto, positivamente, che lo Stato italiano ha provveduto ad introdurre il reato di tortura, ciò non toglie che qualora siano coinvolti agenti pubblici in fatti di tale gravità, è necessaria la sospensione dalle funzioni durante le indagini o il processo, senza possibilità di godere di amnistie o indulti.
Sempre il 26 ottobre 2017, la Corte di Strasburgo ha nuovamente condannato l’Italia, ancora per trattamenti disumani e degradanti intervenuti tra le mura dei carceri. Questa volta, a denunciare l’accaduto, due detenuti presso il carcere di Asti, che nel 2004 avevano subito violenze fisiche dagli ufficiali, accompagnate da privazioni materiali estreme, come razionamento di acqua e cibo; umiliazioni inflitte in modo organizzato e deliberato, rientranti, secondo la Corte europea, nella cornice della tortura. Anche qui, come nel caso precedente, il sistema punitivo italiano si rivelava insufficiente, colpendo il colpevoli con soli provvedimenti disciplinari. E la prima adeguata risposta sanzionatoria arriva proprio da Strasburgo.
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