Tar Lazio: ok il regolamento CNF sui corsi per l’iscrizione ad albo cassazionisti

Pubblicato il 14 ottobre 2019

Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso promosso dal Sindacato Avvocati di Bari ai fini dell’annullamento del regolamento del CNF sui corsi per l’iscrizione all’Albo speciale per il patrocinio davanti alle Giurisdizioni superiori.

Si tratta del regolamento del Consiglio Nazionale Forense n. 1 del 20 novembre 2015, emesso in attuazione dell’art. 22 della Legge n. 247/2012; contestualmente allo stesso, era stato impugnato anche il bando per l’ammissione degli avvocati al corso tenuto dalla Scuola Superiore dell’Avvocatura (SSA), propedeutico all’iscrizione nel detto Albo.

Sì all’esclusiva sui corsi

I giudici amministrativi, con le due sentenze n. 11477 e n. 11487 del 2 ottobre 2019, hanno ritenuto infondato il motivo con cui il ricorrente si era lamentato del fatto che spetti solo al Consiglio Nazionale Forense il compito di porre e disciplinare la Scuola Superiore dell’Avvocatura, e, dunque, di istituire i corsi che conducono all’iscrizione nell’Albo dei patrocinanti davanti alle Giurisdizioni superiori, in quanto in contrasto con i principi di concorrenza e di libera iniziativa economica.

Secondo il Tar, infatti, la tutela del diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione giustifica pienamente che a presidio della professione forense vi sia un sistema pubblicistico associativo costituito dal CNF e dagli Ordini forensi territoriali.

In presenza di queste “innegabili ragioni di interesse pubblico” è giustificata l’esistenza del regime pubblicistico della disciplina cui è soggetta la professione forense, non rendono comparabile la posizione del CNF con quella di altri soggetti di disciplinare ed istituire l’accesso ad un Albo la cui iscrizione abilita al patrocinio nei massimi gradi di giudizio, e che è tenuto proprio dal CNF.

Preparazione su tutti i settori del diritto

Per quanto riguarda l’ulteriore profilo di doglianza, relativo all’asserita illogicità dell’avere previsto, in sede di prova di accesso ai Corsi, domande vertenti sia sul diritto processuale civile, che su quello penale, che su quello amministrativo, che, ancora, in tema di giustizia costituzionale, anch’essa è stata ritenuta infondata.

Questo in quanto è stata ritenuta coerente con il diritto di difesa la richiesta all’aspirante avvocato cassazionista, sottesa alla previsione regolamentare contestata, di una cultura giuridica non già “a compartimenti stagni”, bensì allargata a tutte le principali branche del diritto.

Nessuna disparità di trattamento

Da segnalare, che secondo il Tar non potrebbe nemmeno rinvenirsi, diversamente da quanto ex adverso dedotto dal Sindacato ricorrente, alcuna disparità di trattamento tra avvocati e avvocati stabiliti in punto di accesso all’Albo dei patrocinanti davanti alle Giurisdizioni superiori.

Difatti, per esercitare stabilmente la professione forense in Italia (anche davanti alle magistrature superiori) occorre essere avvocati o avvocati stabiliti, ed attenersi alla relativa disciplina; mentre i titoli di cui all’art. 1 della Legge n. 31/1982 sono utili unicamente ad effettuare prestazioni legali una tantum nel nostro Paese da parte di professionisti che non sono né avvocati né avvocati stabiliti.

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