“Stralcio di clientela” con mezzi fraudolenti. Non sempre è concorrenza sleale
Pubblicato il 25 marzo 2015
Con sentenza
n.12227 depositata il 24 marzo 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha annullato senza rinvio la pronuncia con cui un datore di lavoro titolare di una ditta, era stato condannato per “
turbata libertà dell’industria e del commercio” ex art. 513 c.p. ai danni di una società concorrente.
I fatti contestati al datore ricorrente, riguardano in particolare
l’acquisizione - con
modalità informatiche ritenute “fraudolente” -
per il tramite di due suoi dipendenti, di
dati ed informazioni (listino degli insoluti) relative
ad una società concorrente, in tal modo turbando l’attività commerciale di quest’ultima.
La Cassazione ha sottolineato, con la sentenza in esame,
la manifesta illogicità e contraddittorietà della pronuncia impugnata, rispetto ad altra precedente, con cui il medesimo imputato era stato assolto -relativamente agli stessi fatti- dai reati di “accesso abusivo ai sistemi infamatici” ex art. 615 ter e per illecito trattamento dei dati raccolti, ex art. 167 D.lgs. 196/2003.
Infatti –ha motivato la Corte - se da una parte è stata motivatamente esclusa la cooperazione dell’imputato con i propri dipendenti, in relazione ai reati per cui lo stesso è stato assolto, dall’altra tuttavia, detta cooperazione è stata contraddittoriamente riconosciuta – sulla base del medesimo carente impianto probatorio – in ordine al reato di cui all’art. 513 c.p. .Mentre, proprio in base alla ricostruzione dei fatti, è ampiamente plausibile che le condotte contestate siano state poste in essere del tutto autonomamente dai due dipendenti, affinché questi, quali nuovi assunti, potessero presentarsi al nuovo datore di lavoro con un bagaglio di conoscenze tale da rafforzare il rapporto.
La Cassazione ha poi annullato la pronuncia impugnata senza rinvio,
non ritenendo sussistere il reato di cui all’art. 513 c.p. , in quanto la condotta dell’imputato non sarebbe stata idonea ad incidere “ a monte” sulla funzionalità della società concorrente (eventualmente comportando solo “a valle” uno sviamento della clientela),
né, d’altra parte, posta in essere con atti di violenza e minaccia, come invece la fattispecie contestata richiede.