Stop al Fisco sulle merci in depositi non dichiarati
Pubblicato il 30 giugno 2008
Con la sentenza n.
16838, depositata lo scorso 20 giugno, la Corte di cassazione ha espresso un’importante pronuncia circa la presunzione di cessione di beni nel caso in cui la merce è nel deposito non dichiarato al Fisco. I giudici di legittimità hanno, infatti, ammesso che la disponibilità da parte dell’impresa di depositi non risultanti dall’iscrizione al registro delle imprese, alla camera di commercio o altro pubblico registro (perché in sedi secondarie, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, ecc.) può desumersi non solo dalla dichiarazione effettuata anteriormente al passaggio dei beni, ma può essere comprovata anche con altri mezzi, comunque idonei a garantire le esigenze di tutela erariale. Si fa riferimento anche ad altro documento dal quale risulti la destinazione dei beni esistenti presso i luoghi indicati, annotato in uno dei registri in uso. Di conseguenza, la destinazione dei beni in un deposito (non dichiarato) di pertinenza dell’impresa non dà più luogo a presunzione di avvenuta cessione se il passaggio in esso è accompagnato da adeguata documentazione, come per esempio da regolari bolle annotate negli appositi registri, con indicazione esatta del luogo di destinazione. In questo modo, è stato riconosciuto che le previsioni contenute nel Dpr n. 441/1997, in materia di presunzioni di cessione e acquisto di beni a fini Iva, hanno valore integrativo e ricognitivo della precedente disciplina e in quanto tali sono applicabili anche a situazioni anteriori alla loro entrata in vigore. Il decreto n. 441/1997, infatti, riscrivendo alcune norme in materia di presunzioni di cessione e acquisto, ha voluto superare l’approccio estremamente formalistico previsto dall’articolo 53 del decreto Iva. Da ciò, il duplice obiettivo di evitare, da un lato, facili evasioni fiscali ai fini Iva e assicurare maggiori controlli e, dall’altro, salvaguardare l’esigenza di evitare eccessivi formalismi da cui potrebbero derivare paradossali disparità di trattamento.