La Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio rispetto agli articoli 11 e 12 della Legge n. 97/1979 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato) di disciplina del meccanismo di adeguamento automatico degli stipendi dei magistrati, per come modificati dall’articolo 2 della Legge n. 27/1981 e dell’articolo 24 della Legge n. 448/1998.
Le censure di incostituzionalità erano state sollevate in riferimento agli articoli 3, 36, 38, 101, 104 e 108 della Costituzione.
Nella specie, il Tar Lazio aveva rimesso le citate questioni nell’ambito di un ricorso proposto da alcuni magistrati ordinari contro il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2015, sull’adeguamento triennale degli stipendi e di indennità del personale di magistratura ed equiparati, e i connessi provvedimenti applicativi.
La Consulta – sentenza n. 233 dell’8 novembre 2017 - nel ritenere inammissibili le questioni proposte, ha spiegato come spetti alla discrezionalità del legislatore, chiamato a scegliere i termini di riferimento più ampi e appropriati, modulare in concreto il meccanismo di adeguamento automatico degli stipendi dei magistrati, così “da affrancare la magistratura da una mera dialettica contrattualistica e salvaguardare la costante adeguatezza del suo trattamento economico, che è garanzia imprescindibile dell’autonomia e dell’indipendenza presidiate dalla Costituzione”.
Ciò posto – si legge nella decisone - il richiesto intervento a “modalità alternative” di determinazione dell’adeguamento automatico degli stipendi e “al presupposto della variazione trascurabile delle retribuzioni di riferimento”, esula dai compiti della Corte costituzionale.
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