La delibera adottata, ex art. 60 comma 7. Legge n. 247/2012, dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati in materia di esecuzione della sospensione cautelare, è impugnabile con ricorso al Consiglio nazionale forense, in applicazione analogica e costituzionalmente orientata del comma 6 medesimo articolo.
A stabilirlo, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, accogliendo il ricorso di alcuni legali, sospesi con provvedimento disciplinare reso esecutivo mediante delibera del competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. I professionisti interessati avevano impugnato detta ultima delibera al Consiglio nazionale forense, il quale aveva tuttavia dichiarato inammissibile il ricorso e declinato la propria giurisdizione riguardo ad un atto “meramente endo –procedimentale” dell’organo disciplinare territoriale, dovendosi escludere che il Cnf potesse occuparsi di provvedimenti diversi da quello conclusivo del procedimento.
Non così per la Corte di Cassazione, secondo cui non è il carattere endo/pre procedimentale che rende il provvedimento di per sé non impugnabile, bensì è la sua attitudine a colpire gli interessi in gioco – che vanno dalla salvaguardia collettiva della deontologia forense, alla tutela individuale dello status professionale – a segnare il discrimine della necessaria garanzia impugnatoria.
E se lo status professionale – concludono le Sezioni Unite con sentenza n. 22358 del 26 settembre 2017 – può essere pregiudicato sia dal provvedimento cautelare che dalle delibere esecutive di detto provvedimento (entrambi devoluti al Consiglio dell’Ordine), per queste ultime non può che operare un omologo sistema impugnatorio dinanzi alla giurisdizione speciale del Consiglio nazionale forense, in applicazione analogica e costituzionalmente orientata dello schema di cui all’art. 60, comma 6 Legge professionale, previsto per l’impugnazione immediata della sospensione cautelare.
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