Ultima pronuncia della Corte di cassazione in tema di successione di contratti di lavoro a termine in somministrazione e relativa impugnativa.
L'impugnazione stragiudiziale dell'ultimo della serie di contratti di lavoro a termine in somministrazione non si estende ai contratti precedenti, neppure qualora tra un contratto e l'altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l'impugnativa.
Questo poiché l'inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro - il quale potrà determinarsi solo ex post, a seguito dell'eventuale accertamento della illegittimità del termine apposto - comporta la necessaria conseguenza che a ciascuno dei predetti contratti si applichino le regole inerenti la loro impugnabilità.
In tali casi, il termine di decadenza per proporre l'impugnazione stragiudiziale è quello di 60 giorni previsto dall'art. 32, primo comma della Legge n. 183/2010.
Non si applica, infatti, il termine di decadenza esteso a centoventi giorni relativo alla diversa ipotesi del contratto di lavoro a tempo determinato in cui il rapporto, per quanto a termine, è istaurato dal lavoratore direttamente con chi fruisce della prestazione.
Sono i principi richiamati nella sentenza n. 11001 del 26 aprile 2021, con cui la Sezione lavoro della Corte di cassazione ha confermato il rigetto pronunciato dai giudici di merito sulla domanda di nullità promossa da un lavoratore rispetto ai sessantuno contratti a termine stipulati con una società di somministrazione di lavoro in favore di una Spa per genericità della causale, con conseguente richiesta di riconoscimento dell’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la tale ultima società fin dal primo contratto poi prorogato o da diversa data di giustizia.
La Corte d’appello, escludendo la riconduzione dei sessantuno contratti tra le parti ad un generico "unicum negoziale”, aveva ribadito la decadenza del lavoratore dall'impugnazione di tutti i contratti anteriori agli ultimi due, in quanto non tempestivamente impugnati.
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