Il lavoro interinale è per definizione una forma di lavoro a carattere temporaneo, mentre la forma comune dei rapporti di lavoro è considerato solo il contratto di lavoro a tempo indeterminato. In ambito europeo, quindi non può considerarsi conforme al diritto comunitario che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, né preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione a un medesimo lavoratore di successive missioni tramite agenzia presso uno stesso utilizzatore con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva.
A stabilirlo è la Corte di Giustizia UE, con la causa C-681/18, la quale ha affermato alcuni principi in materia di lavoro in somministrazione.
La sentenza, in particolare, riguarda una controversia tra un lavoratore somministrato e l’impresa utilizzatrice. Nel caso di specie, il Tribunale di Brescia ha chiesto alla Corte di Giustizia di dire se possa considerarsi conforme al diritto comunitario una normativa nazionale la quale, disciplinando la somministrazione di lavoro tramite agenzia:
La Corte, sul punto, ricorda che la direttiva 2008/104/CE del 19 novembre 2009 richiede agli Stati membri solo di adottare le misure necessarie – conformemente alla legislazione o alle pratiche nazionali – per evitare che il lavoro interinale sia utilizzato abusivamente e, in particolare, per prevenire missioni successive aventi lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva.
La direttiva menzionata, però, non impone agli Stati membri di adottare a tal fine specifiche misure, lasciando gli Stati membri liberi di utilizzare gli strumenti ritenuti più opportuni ad assicurare questo obiettivo. Tuttavia, essendo la somministrazione un istituto a carattere temporaneo, la direttiva è finalizzata affinché il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per il lavoratore somministrato.
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