Somme riciclate destinate al pagamento di imposte: illecito ex 231

Pubblicato il 09 ottobre 2024

La società è responsabile dell'illecito amministrativo ex D.Lgs. 231/2001 se utilizza somme di provenienza illecita per adempiere a obblighi fiscali, ottenendo così il vantaggio di continuare la sua attività sul mercato.

Sequestro preventivo per riciclaggio

Con sentenza n. 35362 del 20 settembre 2024, la Corte di cassazione, Seconda sezione penale, si è pronunciata riguardo a un ricorso presentato contro una precedente ordinanza del Tribunale, che aveva disposto il sequestro preventivo di somme di denaro in relazione a un sospetto caso di riciclaggio.

Il contesto del sequestro delle somme

Le somme sequestrate, derivanti da operazioni finanziarie e bonifici, erano state considerate il frutto di attività illecite, riconducibili a un reato di riciclaggio imputato all'amministratrice unica di due società coinvolte.

Il Tribunale, pur confermando il sequestro preventivo, aveva ridotto l'importo sequestrato, considerato rappresentativo del profitto derivante dall'illecito amministrativo ai sensi del D.Lgs. 231/2001, normativa che disciplina la responsabilità delle persone giuridiche per reati come il riciclaggio.

Le argomentazioni delle società ricorrenti

Le due società avevano impugnato l'ordinanza di merito, sostenendo che le somme sequestrate non costituivano un profitto illecito, ma erano state destinate al pagamento di obblighi fiscali verso l'erario.

Le ricorrenti, inoltre, hanno argomentato che non esisteva alcun pericolo nel ritardo, ovvero il rischio che le somme venissero disperse o nascoste, e hanno contestato la qualificazione del sequestro come "per equivalente" piuttosto che in via diretta.

La decisione della Corte di cassazione

Nella sua valutazione, la Corte di Cassazione ha però ritenuto infondate queste argomentazioni.

In primo luogo, la Corte ha confermato che, sebbene il denaro sequestrato fosse stato destinato al pagamento di imposte, ciò non escludeva che esso rappresentasse comunque un profitto di origine illecita.

Le somme, infatti, avevano generato un vantaggio patrimoniale per la società, permettendole di adempiere ai propri obblighi fiscali, evitando così potenziali azioni esecutive o la liquidazione dell’impresa.

Rischio di dispersione delle somme

Per quanto riguarda il rischio di dispersione del denaro, la Suprema Corte ha osservato che vi erano elementi che indicavano una concreta possibilità di occultamento delle somme, come dimostrato dal ritrovamento di una parte dei contanti nascosti all'interno dei locali aziendali.

Sequestro per equivalente

Infine, la Cassazione ha ritenuto corretta la qualificazione del sequestro come "per equivalente". Questo tipo di misura consente di sequestrare beni o somme di valore corrispondente al profitto illecito, anche se le somme precise che rappresentano il profitto non sono più disponibili.

In conclusione, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso delle società, confermando il sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Trieste e condannando le ricorrenti al pagamento delle spese processuali, oltre a una sanzione pecuniaria di 3.000 euro ciascuna a favore della Cassa delle ammende.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Questione dibattuta Soluzione della Corte di Cassazione
Sequestro preventivo di somme di denaro in relazione a un sospetto caso di riciclaggio, ritenute profitto di un illecito amministrativo ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Le società ricorrenti sostenevano che le somme sequestrate non costituivano profitto illecito, essendo destinate a pagamenti fiscali, e contestavano il sequestro per equivalente e l'esistenza di un pericolo nel ritardo. La Corte ha confermato il sequestro preventivo, ritenendo che le somme rappresentassero comunque un profitto illecito, anche se destinate al pagamento di imposte, e ha respinto le argomentazioni riguardanti il pericolo nel ritardo e il sequestro per equivalente.
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