Società tra professionisti, ritenuta d'acconto sui proventi

Pubblicato il 18 marzo 2021

Uno studio legale si era rivolto alla Suprema corte per impugnare la decisione con cui, in sede di merito, era stata accolta l’opposizione al decreto ingiuntivo dallo stesso ottenuto nei confronti di una Spa.

Con il provvedimento monitorio, in particolare, era stato ingiunto il pagamento dell’importo trattenuto dalla società a titolo di ritenuta d’acconto sulla maggior somma corrisposta allo studio come onorario per la composizione bonaria di una controversia.

Secondo il ricorrente, tuttavia, la ritenuta d’acconto era stata indebitamente applicata nel caso di specie: lo studio era costituito nella forma della società di capitali e, pertanto, la somma dovutagli come onorario per l’avvenuta transazione doveva considerarsi, per attrazione, come reddito d’impresa.

Diverse le conclusioni a cui erano pervenuti i giudici di appello, secondo i quali al reddito prodotto dallo studio legale, ancorché quest’ultimo fosse costituito in forma societaria, andava applicata la disciplina di cui all’art. 5, comma 3, lettera c) del DPR n. 917/1986 (Testo unico delle Imposte sui redditi).

Da qui l’impugnazione, in sede di legittimità, della decisione di gravame.

Redditi delle Srl tra professionisti: d'impresa o di lavoro autonomo?

Lo studio professionale, in particolare, aveva promosso un unico motivo di ricorso, con cui era stato fatto valere un vizio di sussunzione in relazione a due aspetti fondamentali.

La decisione, in primis, era censurata nella parte in cui affermava che i redditi prodotti dalle Srl tra professionisti rientrassero, al pari di quanto previsto per le associazioni, tra quelli di lavoro autonomo.

Era inoltre errata – secondo la difesa dello studio - la mancata applicazione dell’art. 25 del DPR n. 600/1973, secondo cui la ritenuta d’acconto non deve essere operata “per prestazioni effettuate nell’esercizio di imprese”.

Con sentenza n. 7407 del 17 marzo 2021, la Terza sezione civile della Cassazione ha rigettato entrambe tali doglianze, non senza sottolineare le incertezze interpretative manifestatesi in materia anche sul piano delle prassi applicative dell’Amministrazione finanziaria.

La Corte, in proposito, ha ritenuto che la risoluzione della questione in esame andasse ricercata prendendo atto, come rilevato dalla dottrina, sia dell’esistenza di attività caratterizzate, contestualmente, “da personalità della prestazione ed impersonalità della società”, sia della “tendenza alla commistione di categorie da sempre considerate distinte”.

Qualificazione onorari come reddito d’impresa, criteri

Conseguentemente, la qualificazione del reddito di una società tra professionisti, come reddito di impresa deve farsi dipendere dalla configurazione della società e, in particolare, dalla presenza, all’interno di essa – da accertare caso per caso – di un autonomo profilo organizzativo, rispetto al lavoro professionale.

In altri termini, perché in una società tra professionisti possa aversi attività imprenditoriale, occorre anche un’attività diversa e ulteriore rispetto a quella professionale.

Conclusivamente – si legge nella sentenza – similmente a quanto accade ai fini del riconoscimento della debenza dell’Irap da parte dei liberi professionisti, anche ai fini dell'applicazione della ritenuta di acconto alle società tra professionisti, la qualificazione come reddito di impresa, del reddito dalle stesse prodotte, presuppone che le prestazioni di lavoro autonomo costituiscano elemento di un'attività organizzata in forma d'impresa, risultando, così, inserite in strutture che sono frutto dell'impiego del capitale, ovvero che il lavoro del professionista e il capitale concorrano entrambi nella produzione del reddito, sicché quest'ultimo non potrà ritenersi derivante dal solo lavoro, ma dall'intera struttura imprenditoriale”.

In definitiva, in difetto di dimostrazione della sussistenza di un’attività diversa e ulteriore rispetto a quella professionale e, comunque, di un'attività organizzata in forma d'impresa, i proventi della società di capitali tra professionisti non possono essere qualificati come reddito d'impresa bensì redditi di lavoro autonomo, con applicazione, quindi, della ritenuta d'acconto.

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