La messa in liquidazione volontaria della società contribuente non è idonea, di per sé, ad integrare il presupposto del fondato pericolo per la riscossione e a legittimare l’iscrizione a ruolo straordinario degli importi dovuti.
E' quanto precisato dalla Suprema corte in una recente ordinanza - n. 22529 del 18 luglio 2022 - con cui ha ribaltato le conclusioni cui era giunta la CTR che, in una causa tributaria, aveva ritenuto ravvisabile il fondato pericolo per la riscossione nell’intervenuta messa in liquidazione volontaria della società.
Il predetto rilievo era stato giustificato sulla base della considerazione secondo cui la condizione di messa in liquidazione della società costituisce un’evidente situazione di pericolo per i creditori insoddisfatti, i quali vengono formalmente informati che il soggetto debitore sta liquidando le proprie attività patrimoniali per far fronte alle passività e non dispone di ulteriori entrate avendo cessato la propria attività imprenditoriale.
La Quinta sezione civile della Cassazione ha ritenuto non condivisibili tali conclusioni, precisando che l’avvio e lo svolgimento della fase di liquidazione non può ritenersi, di per sé, portatore di disvalore in quanto attesta, semplicemente, che la vita di quella particolare società, con una procedura controllata e trasparente, è destinata a chiudersi.
Contestualmente, l’iter avviato è funzionale al soddisfacimento dei creditori esistenti e solo in subordine dei soci.
Ne discende che la sola circostanza della messa in liquidazione, anche volontaria, della società non è idonea ad integrare il requisito del “fondato pericolo per la riscossione”, occorrendo, invece, che a tale condizione concorrano ulteriori fatti, riferibili:
Occorre, ossia, che siano riscontrabili anche condotte suscettibili di porre in risalto la criticità della posizione debitoria e il timore di un vulnus per il credito.
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