Siena, XXXIII Congresso nazionale Anm

Pubblicato il 21 ottobre 2017

E' in corso a Siena il XXXIII Congresso nazionale dell'Associazione Nazionale Magistrati, dal 20 al 22 ottobre 2017, dal titolo “La giustizia, i diritti e le nuove sfide”. Vi hanno preso parte il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente dell'Anm Eugenio Albamonte che ha aperto i lavori, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il vice presidente del Cms Giovanni Legnini, il presidente del Cnf Andrea Mascherin, il presidente delle Camere penali Beniamino Migliucci, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, oltre a numerosi parlamentari e magistrati.

Il Congresso è principalmente dedicato ad una riflessione sulla “professionalità della categoria e sulla qualità della giurisdizione” a dieci anni dalla riforma dell’ordinamento giudiziario, sul “rapporto tra politica e magistratura e tra magistratura e media”, nonché “sull'efficienza del sistema giustizia garantita dall'adeguatezza delle risorse, dagli interventi normativi e dall'organizzazione del lavoro”.
A tale ultimo proposito, una delle sessioni è stata appunto dedicata all’organizzazione degli uffici giudiziari; argomento trattato dal presidente della competente Commissione (Settima) del Consiglio superiore della Magistratura, Claudio Galoppi.

Dichiarazioni Cnf

Riguardo al positivo confronto che si è tenuto tra il CsmConsiglio nazionale forense, Galoppi ha voluto sottolineare il protocollo sul gratuito patrocinio in tema di protezione internazionale e la risoluzione sull’esame preliminare sulle impugnazioni in secondo grado. Quanto poi, alla necessità di una “giustizia condivisa”, il Presidente del Cnf Andrea Mascherin ha rivendicato la partecipazione dell’Avvocatura nel percorso di riforme avviate, rimarcando come sia fondamentale, a tal proposito, “un recupero di autostima della giurisdizione, ponendo al centro i diritti e le garanzie”, anche perché da questo punto di vista –afferma - il sistema italiano è “il migliore”.

La Magistratura – prosegue Mascherin – corre il rischio di essere giudicata dalla volontà del popolo, specie in un periodo di populismo dilagante, attraverso il meccanismo dei social. Per questo i magistrati “devono avere un equilibratore, esterno come la politica, o interno come l’Avvocatura”. A tal fine “è necessario un confronto che abbia al centro le regole e che le riforme siano condivise”.

Un cenno, infine, alla presenza degli avvocati nei Consigli giudiziari nella fase valutativa dei magistrati che, proprio in virtù di questo percorso condiviso, “non deve essere imposta dagli avvocati o dalle leggi, ma richiesta dalle toghe stesse”.

 

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