Sì alla radiazione dell'avvocato, implicato in reati di estrema gravità

Pubblicato il 25 luglio 2015

Con sentenza n. 15574 depositata il 24 luglio 2015, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, ha respinto il ricorso di un avvocato, avverso la pronuncia con cui il Consiglio Nazionale Forense ne aveva confermato la radiazione dall'Albo, per essere stato condannato – in sede di procedimento penale conclusosi con sentenza ex art. 444 c.p.p. - per reati connessi all'immigrazione clandestina, oltre che per falsità ideologica e corruzione.

Avverso detta condanna, l'avvocato lamentava un vizio di motivazione in relazione alla proporzionalità della sanzione comminatagli, nonché la commessa lesione – in ordine alla valutazione dei fatti – del principio di autonomia tra procedimento penale e procedimento disciplinare.

Sul punto la Cassazione – nel respingere le censure – ha precisato come sia ormai orientamento pacifico, quello per cui la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (come nel caso di specie) abbia efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari che si svolgono dinnanzi alle pubbliche autorità (e quindi anche in quelli che riguardano gli avvocati), quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale ed alla circostanza che l'imputato lo ha commesso. Non esplica invece alcuna efficacia circa la valutazione sulla rilevanza del fatto e sulla personalità del suo autore sotto il profilo deontologico, essendo tale apprezzamento riservato – in coerenza con l'art. 5 Codice deontologico forense – al giudice disciplinare.

Ciò premesso, nel caso di specie - contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – le Sezioni Unite hanno ritenuto adeguatamente motivata, da parte del Cnf, la valutazione circa la rilevanza disciplinare dei fatti contestati, soprattutto alla luce della "estrema gravità e rilevanza sociale" degli stessi, nonché del fatto che il ricorrente li ha commessi in concorso con altri soggetti e con la continuazione.  

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