Non si può disporre una misura di sicurezza diversa dal ricovero in una struttura psichiatrica (R.e.m.s.), qualora sia accertata la totale incapacità di altri minori strumenti ad assicurare misure adeguate ed a prevenire gli effetti della diagnosticata pericolosità sociale dell’imputato (ed in particolare, a garantire la costante osservanza delle cure farmacologiche indispensabili ad evitare il riacutizzarsi di impulsi sfocianti in episodi criminali).
A stabilirlo, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, respingendo il ricorso di un imputato per reati sessuali, avverso la decisione con cui il Tribunale del riesame aveva confermato l’applicazione della misura provvisoria di sicurezza del ricovero presso una struttura psichiatrica. La difesa deduceva tuttavia l’erronea applicazione dei criteri di accertamento e di valutazione di pericolosità sociale dell’imputato, nonché dei presupposti per l’applicazione della misura detentiva; specie perché il riesame si era, a suo dire, limitato a riproporre acriticamente le conclusioni della disposta perizia psichiatrica.
Invero, controbatte la Suprema Corte con sentenza n. 38965 del 7 agosto 2017, il Tribunale non ha solo preso atto del giudizio formulato dal perito, ma ha anche spiegato perché tale giudizio si traduca in una valutazione giuridica di pericolosità, soprattutto alla luce della riscontrata e ripetuta inosservanza del programma terapeutico e farmacologico prescritto, che rende del tutto pronosticabile che gli impulsi criminosi ed antisociali non ricevano adeguata controspinta se non mediante ricovero presso una struttura dedicata.
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