Sì al nesso causale tra vaccinazione e poliomielite

Pubblicato il 25 ottobre 2017

La Corte di Cassazione, Sesta sezione civile, ha ritenuto provato il nesso causale – accogliendo la conseguente domanda di risarcimento al Ministero della Salute – tra la vaccinazione antipolio somministrata ad un uomo nel lontano 1956, all’età di sette anni, e la poliomielite con effetti permanenti ed invalidanti, in seguito contratta.

La decisione giunge ad esito di una complessa vicenda ove l’uomo, attuale ricorrente, non avendo trovato ragione in primo e secondo grado, si era rivolto una prima volta alla Corte di Cassazione, che aveva cassato la pronuncia di merito con rinvio alla Corte d’Appello. Quest’ultima tuttavia, aveva nuovamente rigettato le istanze del ricorrente, ritenendo l’attribuibilità della poliomielite alla somministrazione del vaccino, una mera probabilità quantificabile nella misura assai bassa del 1 – 2%. Avverso detta pronuncia, pertanto, l’uomo ricorreva per la seconda volta in Cassazione.

Ma il Supremo Collegio gli ha dato di nuovo ragione, dando atto di come i Giudici di merito non si siano attenuti ai principi affermati in tema di indagine sul nesso di causalità, nel momento in cui hanno ritenuto che l’ipotesi del nesso causale non fosse suffragata da alta probabilità statistica. In altri termini, se da una parte il giudice del rinvio ha valorizzato la testimonianza del padre che ha dichiarato provata l’avvenuta vaccinazione del ricorrente nel 1956 – ritenendo che non potesse dunque escludersi il nesso causale – dall’altra ha tuttavia rigettato la domanda, in quanto il nesso non poteva affermarsi con “ragionevole probabilità” richiesta dalla prova per presunzioni.

Ragionevole probabilità scientifica. Non esclusa per la sola incidenza statistica

Sul punto, gli Ermellini hanno voluto ricordare, nell’ordinanza n. 25119 del 24 ottobre 2017, che la regola della “certezza probabilisticanon può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa – statistica delle frequenze di classe di eventi (probabilità quantitativa), ma va quantificata riconducendo il grado di fondatezza nell’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica).

Nel caso di specie, inoltre, pur a fronte di elementi significativi in un ragionamento presuntivo (ad esempio, il fatto che la sintomatologia paralitica fosse insorta dopo la somministrazione del vaccino nei tempi previsti dalla scienza, la ritenuta inverosomiglianza del contagio per contatto, l’affermata validità degli studi presenti a sostegno delle difficoltà di inattivazione virale durante la prima produzione del vaccino), il giudice del rinvio ha erroneamente ritenuto di escludere la ragionevole probabilità scientifica dell’imputazione della poliomielite alla vaccinazione, in considerazione della sola incidenza statistica della soluzione ricercata; laddove questa, di per sé, non può essere sufficiente, in assenza di specificazione degli ulteriori presupposti in base ai quali la medesima analisi statistica è stata condotta.

 

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