Con sentenza n. 16909 depositata il 19 agosto 2015, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha accolto il ricorso di un marito, volto a mantenere l'efficacia degli accordi conclusi con la moglie (e da quest'ultima poi disattesi), secondo i quali, in occasione della separazione, i coniugi avrebbero dovuto vendere a terzi l'immobile adibito a casa familiare, con attribuzione del ricavato pro parte, in proporzione al denaro da ciascuno investito nell'immobile medesimo.
Pattuizioni di tal genere – ha precisato la Cassazione – non hanno specifica causa nella separazione ma in essa trovano solo occasione.
Si tratta dunque di pattuizioni del tutto autonome, finalizzate a regolare alcuni aspetti patrimoniali, ma che ben possono convivere, all'interno del medesimo atto, con altre statuizioni che originano direttamente dalla separazione, come ad esempio, quelle inerenti i doveri di solidarietà coniugale.
Qualora intervengano fatti modificativi della situazione originaria (come nel caso di specie), sarà dunque possibile modificare le sole clausole aventi causa diretta nella separazione (mediante ricorso ad hoc ex art. 710 c.p.c.). E non anche i patti autonomi, che restano a regolare i reciproci rapporti ex art. 1372 c.c.
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