Pronuncia della Corte di cassazione in tema di scudo fiscale ed effetto preclusivo del generale potere di accertamento tributario.
Con ordinanza n. 24444 del 10 settembre 2021, la Suprema corte si è pronunciata in ordine all’impugnazione di un avviso di accertamento sintetico emesso in materia di Irpef, in considerazione dello scostamento dal reddito determinabile sinteticamente sulla base delle spese per il mantenimento di beni immobili e di autovetture e di incrementi patrimoniali.
In sede di merito, era stato ritenuto che l’atto impositivo fosse illegittimo in quanto la contribuente aveva regolarmente beneficiato dello scudo fiscale per le attività detenute all’estero, fatto che - secondo la CTR - precludeva al Fisco la possibilità di effettuare accertamenti per l’anno di riferimento.
L’Agenzia delle entrate si era rivolta alla Suprema corte, contestando tali conclusioni.
Secondo l'amministrazione ricorrente, la preclusione all’accertamento derivante dallo scudo fiscale doveva ritenersi operante solo con riferimento alle somme oggetto di rimpatrio mentre, nel caso in esame, la Commissione tributaria aveva esteso l’effetto preclusivo anche ad altre manifestazioni di spesa rilevanti.
Doglianza, questa, giudicata fondata dagli Ermellini i quali hanno ritenuto che la CTR non avesse fatto buon governo dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di esercizio del potere d'imposizione sui capitali c.d. scudati.
Sul punto, è stato ricordato come l'effetto preclusivo del generale potere di accertamento tributario, previsto all'art. 14, comma 1, lett. a), del DL n. 350/2001, abbia natura di misura eccezionale di agevolazione per il contribuente, il quale ha l'onere di fornire la prova della ricorrenza dei relativi presupposti.
In particolare, la limitazione normativa all'accertamento in riferimento agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all'estero e oggetto di rimpatrio, richiede la dimostrazione di una concreta correlazione oggettiva tra il reddito accertato e la provenienza delle somme rimpatriate.
Il reddito non dichiarato, oggetto di accertamento, deve essere collegato alle somme o ai beni emersi a seguito del rimpatrio, restando pertanto escluse dall'efficacia inibente dello scudo tutte quelle fattispecie in cui l'accertamento abbia ad oggetto componenti estranei rispetto alle attività “scudate” e con essi incompatibili.
Nel caso in esame, i giudici di merito non avevano applicato correttamente tali principi nel trattare la concreta correlazione oggettiva di compatibilità tra il reddito accertato sinteticamente e la provenienza delle somme o dei beni rimpatriati o regolarizzati.
In ordine, poi, alla prova liberatoria necessaria in materia di accertamento sintetico, la Suprema corte ha ricordato che qualora, come nella specie, il contribuente deduca che la spesa effettuata derivi da risorse di natura non reddituale di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, lo stesso, per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva a tali ulteriori redditi, è onerato della prova contraria in ordine alla loro disponibilità.
Prova contraria che, nella specie, non era stata fornita dalla contribuente tramite idonea documentazione.
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